L'immobiliarista sfida i poteri forti e a mister Fiat chiede: «Ma lei quanta ricchezza ha creato?»
Se ha comprato e venduto i suoi immobili con la stessa foga con cui ha mandato a benedire il leader degli industriali italiani, Luca di Montezemolo, è certo che ha fatto affari d'oro. A dare la sveglia alla finanza storica, quella dei salotti buoni e delle azioni che prima si pesano e poi si contano, è l'ultima mossa dell'immobiliarista coraggioso, quel Ricucci che soldi alla mano ha infranto tutte le regole non scritte del capitalismo italiano, ha scalato un santuario come Rcs senza chiedere il permesso a nessuno (politici e santoni dell'economia) e adesso si permette di mettere alla berlina nientepopodichè il patron della Fiat. Montezemolo, d'altronde, se l'era andata a cercare. Giovedì scorso, appena chiusa un'assemblea del Lingotto che certificava altri 320 milioni di perdite per il settore auto, aveva sparato a zero contro "l'ex odontotecnico" diventato il primo azionista del più importante gruppo editoriale del Paese. Giù, dunque, a evocare gli anni bui della finanza italiana, e a fare distinguo tra chi fa trading immobiliare e chi fa l'imprenditore "vero". Con una battuta finale al veleno: «Quando in Italia ci siamo trovati di fronte a un fenomeno di cui non si sapeva bene l'inizio, la storia e da dove provenivano capitali ingenti - ha sibilato il signor Fiat - ci siamo sempre trovati di fronte a sorprese. Preferisco non aggiungere altro». E allora che cosa ti fa il signor Ricucci (anzi, il dottor Ricucci, visto che si è preso la briga di completare un corso all'Università di San Marino e a quanto dicono quelli che lo conoscono bene è più fiero di questo pezzo di carta che di tanti gioielli della sua scuderia fatta di supercar, yacht e mille altri giocattoli di lusso)? Prende carta e penna e si leva tanti di quei sassolini che neppure sua eccellenza il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga degli anni migliori ci ricorda tanto. «È il momento di fare chiarezza e capire finalmente chi produce ricchezza nel nostro Paese e chi, invece, nei migliori dei casi, si limita a consumarla», ha scritto alla volta di Montezemolo e di quello che resta dei poteri forti. «Devo dire, in qualità di imprenditore e cittadino che non si riconosce in questa Confindustria - ha proseguito - che per me il dottor Montezemolo ha rappresentato una sorpresa non proprio positiva». Perchè? «Non ho visto alcuna creazione di ricchezza, ma semmai una serie di affermazioni di principio sui mali che affliggono l'industria italiana rilasciate nelle sedi più disparate. Tante parole, ma pochi fatti». E riferendosi ai dubbi espressi sull'origine della sua ricchezza, e sul suo gruppo che, afferma, ha costruito in 25 anni di lavoro e che vale 2,5 miliardi, Ricucci ha proseguito: «sarei curioso di sapere quale gruppo produttivo di tale valore ha costruito il dottor Montezemolo in uguale periodo di tempo». Ce n'è abbastanza? No. «Trovo altresì curioso - ha continuato Ricucci - la tendenza vetero-capitalistica manifestata dal dottor Montezemolo a voler distinguere tra immobiliaristi buoni e immobiliaristi cattivi, tra chi costruisce palazzi (gli imprenditori virtuosi nella visione montezemoliana) e chi si limita a fare trading nella finanza immobiliare, accumulando patrimoni privi di qualsiasi patente di nobiltà imprenditoriale». Perchè, ha continuato, «seguendo questa logica con rigore, nel purgatorio degli immobiliaristi vanno a pieno diritto inseriti importanti player nazionali ed internazionali, quali ad esempio Pirelli Real Estate e il suo amministratore delegato Carlo Puri Negri, più una variegata serie di Gruppi bancari, industriali e assicurativi. Ricordo infatti al dottor Montezemolo - ha proseguito ancora - che tutti questi attori economici gli immobili non li costruiscono direttamente ma, esattamente come Magiste Real Estate (la società capogruppo di Ricucci, ndr), ne effettuano compravendita e valorizzazione sul mercato attraverso una variegata gamma di strumenti finanziari». Dunque, guerra aperta. E come nei r