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Miliardi buttati al vento per la stop di pochi

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Oltre agli investimenti pubblici bloccati, infatti, la carenza di queste infrastrutture è una delle cause che hanno portato il costo dell'energia elettrica in Italia sui livelli più alti d'Europa. I motivi sono essenzialmente due. In primo luogo la difficoltà nel trasferire l'energia prodotta da alcune centrali a basso costo di produzione, come i siti a carbone, obbliga il sistema a rifornirsi ricorrendo ad altri sistemi più costosi come il petrolio. Altro elemento di svantaggio è il maggiore costo del trasporto energetico. Oggi, il trasferimento dell'energia costa un ventesimo del prezzo di produzione. Troppo rispetto ad altri Paesi. Con effetti molto gravi per il sistema Paese. Tutti questi costi finiscono infatti nella bolletta degli italiani. Delle famiglie, ma anche delle imprese. La conseguenza è che il maggiore costo energetico contribuisce a tenere alti i costi delle produzioni e, in fin dei conti, a ridurre la competitività delle imprese. Su questa strada il governo e il gestore della rete elettrica nazionale hanno cambiato di recente strategia. Più coinvolgimento degli enti locali e del territorio per arrivare a soluzioni condivise. L'iter diventa più complesso, ma di sicuro meno lungo rispetto ad alcune controversie che hanno finito per trascinarsi per anni. Il problema dell'energia, non solo del trasporto, è uno dei più sentiti in un Paese altamente industrializzato. Ma diventa assolutamente strategico in Italia, dove si è rinunciato da anni al nucleare e c'è una carenza di produzione. Carenza che ha portato fino a un black-out su tutto il territorio nazionale. Una lezione che ha portato il goevreno ad accelerare l'iter della legge sblocca centrali, in modo da rafforzare le capacità di produzione dei soggetti che possono ancora farlo (l'Enel è arrivata al tetto massimo consentito dalla legge). Ma tutto questo è poca cosa se poi mancano le linee di trasferimento dell'elettricità.

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