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La bolletta della luce è la più cara d'Europa Ma i Comuni ostacolano i nuovi elettrodotti

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Con uno scenario che non promette niente di buono: diminuisce la ricchezza prodotta, le imprese perdono competit-ività, le famiglie arrivano sempre più a fatica a fine mese. È colpa della Cina e del boom commerciale dei paesi emergenti? Dell'euro? Dei vincoli europei sul deficit che strozzano gli investimenti pubblici? Dell'enorme debito accumulato dallo Stato in 60 anni? Del dilagare di un'economia sommersa? In qualche modo, tutto questo è vero. Ma tra le grandi responsabilità c'è anche un gigantesco muro di divieti alzato da poteri locali, burocrati e ambientalisti, quando non c'è pure qualche magistrato molto sensibile agli umori della piazza. Dunque, centinaia di opere bloccate da comitati e sottocomitati ambientalisti, Comuni e burocrati. Con tanti saluti a strade, ferrovie, centrali elettriche e altre grandi infrastrutture dal valore di decine di miliardi tra investimenti diretti e indotto. Uno spreco, per intenderci, che ci costa ogni anno diversi punti di Pil. Senza sottovalutare che la mancanza di queste opere fa perdere al sistema Italia nuovo terreno rispetto ai grandi competitor internazionali. E le stesse aziende di casa nostra, per lavorare, sono costrette ad andare all'estero. Energia senza reti. Cento milioni di euro immobilizzati dal 1991. E tra costi e mancati benefici una perdita secca di 50 milioni di euro l'anno. Tanto è costato il no di un piccolo Comune a Nord della Basilicata, Rapolla, al passaggio dell'ultimo tratto della rete elettrica Matera-Santa Sofia, necessaria per collegare le centrali di Brindisi con il resto del Paese. Un danno enorme, perchè si è dovuta sostituire l'energia prodotta nelle centrali pugliesi a basso costo con altre produzioni molto meno economiche. Se non addirittura importando l'elettricità dall'estero. Il problema, dopo un braccio di ferro lungo 15 anni, dovrebbe essere risolto l'anno prossimo, facendo passare le linee elettriche ad alta capacità sul territorio (anche in questo caso a bassa intensità abitativa) di un altro Comune: Melfi. Ma di casi come Rampolla ce ne sono potenzialmente molti altri. Maxi ritardi. «Qui non si è capito che ci sono da recuperare 30 anni di ritardi», spiega l'amministratore delegato del Gestore della rete elettrica nazionale (Grtn), Luca D'Agnese. I dati parlano chiaro: negli ultimi tre decenni la domanda di energia di imprese e famiglie è cresciuta del 3% l'anno, mentre le linee elettrice solo dell'1,2%. Inevitabile così accumulare un ritardo che adesso si paga in termini di competitività e di sicurezza. Avere poche infrastrutture impedisce al Paese di utilizzare una grossa fetta di elettricità prodotta dalle centrali a carbone (dove i costi sono più bassi). Con due effetti: la bolletta energetica costa di più e l'Italia resta potenzialmente a rischio black-out. Per evitare altri contenziosi come quello di Rapolla, il Grtn ha cambiato strategia. «Oggi, prima di avviare la progettazione di una linea elettrica il gestore apre un confronto con tutti i soggetti coinvolti dalla nuova opera», spiega D'Agnese. Che però non nasconde una certa preoccupazione per l'esito del piano delle grandi infrastrutture avviato dal Grtn: 2,1 miliardi di investimento da realizzare nei prossimi 10 anni. L'Italia, già priva del nucleare, si trova così a perdere anche altre occasioni di risparmio nel settore energetico. «La mancanza di una linea con la Puglia - avverte D'Agnese - impedisce anche di sfruttare le importazioni elettriche dalla Grecia e dei Paesi balcanici. Aree dove la produzione avviene ancora a basso costo e dunque sarebbe possibile comprare l'energia meno cara». E invece niente. Ma all'orizzonte di Rapolla non si vede un cavo elettrico. (1-continua)

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