Tutti contro Ricucci per difendere la Rcs
Tutti insieme a sparare sull'orco della finanza nazionale, quello Stefano Ricucci malsopportato quando scalava le banche Bnl e Antonveneta, ma adesso assolutamente non più tollerato, dopo aver osato alzare il tiro su santuari invalicabili: Rcs, il salotto buono dell'editoria che controlla il Corriere della Sera, e si teme persino Mediobanca. Di qui la furia contro il finanziere, con un fuoco di inchieste giornalistiche che hanno tutta l'aria di essere pilotate in una precisa direzione: dimostrare che Ricucci non ha i mezzi per comprarsi la Rcs. Tanto che proprio Il Sole 24 Ore conclude con questo interrogativo un lungo articolo in cui si sollevano diversi dubbi sull'entità del patrimonio dell'immobiliarista. A dispetto dell'impegno necessario alle partite Antonveneta, Bnl e Rcs (il 20% del gruppo ai valori attuali vale quasi 860 milioni) il numero uno della Magiste continua però a dichiarare «dietro Ricucci c'è solo Ricucci». E in una nota dettagliata il gruppo ha replicato che tra partecipazioni per 1,7 miliardi e immobili per 900 milioni (2,6 miliardi in totale) la Magiste può vantare un cash flow di 110 milioni di euro l'anno. Affermazioni che non coincidono con le analisi del giornale confindustriale. Giornale che però mostra chiaramente il fianco quando deve ricorrere a "mezzucci" probabilmente imbarazzanti per un quotidiano di tale prestigio: irridere la laurea "veloce" ottenuta da Ricucci alla Clayton University di San Marino, dimenticando che tra i diplomati di questo istituto ci sono decine e decine di piccoli e medi industriali. Ma che importa? Il capitalismo dei soliti noti, a capo di imprese in rosso fisso sul conto corrente (dell'azienda), è sotto assedio. E allora bisogna difendersi, a costo di spacciare lettere di credito su conti esteri come prove di ipotetici reati, oppure dedicando pagine su pagine a finanziamenti concessi dalle banche per consentire l'acquisto di immobili, tutti peraltro messi a reddito o rivenduti con il ricavo di importanti plusvalenze. Un clima di veleni, insomma, reso ancora più incandescente da ricorsi giudiziari e indagini della magistratura (che giustamente vuole vederci chiaro e sta già accertando il rispetto delle norme di legge nelle operazioni Bnl e Antonveneta). Un clima che però condiziona delicate operazioni di mercato. L'effetto è uno svantaggio competitivo per Ricucci - ma lo stesso discorso vale per tutti i nouveaux entrepreneurs estranei a certi salotti buoni - che così si trova a pagare un prezzo forse troppo salato per chi fa impresa: vedere messa a rischio la propria affidabilità. Una palese distorsione della concorrenza, dunque, che potrebbe sollecitare persino un intervento delle autorità di vigilanza. Intanto, pur sotto assedio, il numero uno della Magiste continua a tener duro nella scalata a Rcs. Qui Ricucci dovrebbe essere ormai prossimo al 20% del capitale. Un'ipotesi che non spaventa il patto di sindacato che conta sul 58% della società editrice. Ieri infatti il presidente dell'accordo parasociale, Giampiero Pesenti, ha escluso infatti la possibilità di rafforzare il controllo su Rcs attaverso il lancio di un'Opa.