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Fiat, la famiglia Agnelli passa lo scettro

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Il prestito di 3 miliardi di euro sarà convertito in azioni del gruppo. Alle banche il 28% del capitale

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E la famiglia Agnelli, dopo oltre un secolo, lascerà il comando del Lingotto, perché il finanziamento di 3 miliardi che gli istituti di credito hanno concesso alla Fiat nel 2002 sarà convertito in azioni il giorno della scadenza fissata al 25 settembre. È quanto è emerso ieri nell'incontro ai massimi livelli a Milano tra l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, il presidente Luca Cordero di Montezemolo e i numeri uno delle principali banche creditrici. Così, a meno di tre anni dalla firma del prestito, le banche (2 straniere e 6 italiane con in testa Intesa, Unicredit, SanPaolo e Capitalia), sia pure contro voglia, hanno adesso di fronte la prospettiva di diventare tutte insieme, già dal prossimo settembre, azioniste di Fiat con una quota intorno al 27-28%. Con gli Agnelli che dall' attuale 30% scenderanno al 22%. Il futuro del Lingotto. Gli istituti di credito, da parte loro, diventando azionisti di riferimento del Lingotto, potranno affiancare ai vertici attuali altri manager, allo scopo di continuare a perseguire gli obiettivi della ristrutturazione del prossimo triennio, che da parte sua anche Fiat ha ribadito in un comunicato congiunto di voler conseguire. Ma le banche non sembrano al momento un blocco unito, e alcune hanno già avviato la riflessione sul da farsi. Sul tavolo delle banche più esposte è già arrivata una proposta di Lehman Brothers che sulla falsariga di quanto già fatto per Piaggio, offrono di rilevare il convertendo in cambio di quote di una nuova società (newco) nella quale entrerebbero non meglio precisati imprenditori. Nei mesi scorsi come possibile "cavaliere bianco" in molti avevano guardato a Roberto Colaninno ritenuto pronto a una nuova sfida dopo il rilancio di Piaggio. Ma l'imprenditore mantovano ha da parte sua già smentito ogni coinvolgimento. Altre proposte da banche d'affari e case d'investimento potrebbero comunque arrivare da qui a settembre, secondo le aspettative delle stesse banche. Le manovre sui conti. Per quanto riguarda i singoli istituti, per tamponare le perdite sul prestito, alcuni degli istituti si sono già mossi. Banca Intesa, la più esposta per 650 milioni di euro, ha già coperto le perdite previste con strumenti derivati per 380 milioni, limitando l'impatto reale sul conto economico a 20 milioni di euro. Unicredit, che ha partecipato al prestito per 625 milioni, ha scelto invece la via dell'accantonamento (per 108 milioni) per coprire una perdita stimata di circa 240-245 milioni. SanPaolo Imi, che ha contribuito al finanziamento con 400 milioni, ha invece imputato 167 milioni come perdita presunta. Accanto a queste ultime a cercare una via d'uscita per evitare oneri troppo pesanti in bilancio ci sono Capitalia, che aveva partecipato per 325 milioni più 100 del Banco di Sicilia, Bnl (300 milioni), Mps (250 più 50 di Banca Toscana), Abn Amro e Bnp Paribas (150 l'uno). L'accordo. L'incontro di ieri, durato 3 ore, era cominciato nel pomeriggio. Di fronte, per Fiat il presidente Luca Cordero di Montezemolo e l'ad Sergio Marchionne, per le banche tutta la schiera degli amministratori delegati: Corrado Passera per Intesa, Matteo Arpe per Capitalia, Alfonso Iozzo per SanPaolo Imi e Alessandro Profumo per Unicredito Italiano. Al termine, la diffusione della nota congiunta che evidenziava senza tentennamenti, diversamente da quanto atteso da giorni da mercati, analisti e operatori, la conversione integrale del prestito Convertendo. «Nel corso dell' incontro - ha sottolineato in particolare il comunicato - sono stati confermati i dati economici e finanziari del gruppo. La Fiat ha ribadito l'impegno a conseguire gli obiettivi già annunciati per il 2005, 2006, 2007. Si è confermata la conversione del finanziamento "Convertendo" nel mese di settembre 2005 e le Banche - sottolineava la nota - hanno ribadito la loro volontà di supportare i vertici del gruppo impegnati nel conseguimento degli obiettivi dei prossimi tre anni». Vola il titolo in Borsa. La partita anda

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