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La vera scommessa? Puntare sull'Università

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Lo vogliono gli studenti di oggi, futuri lavoratori nel 2015, e lo vuole soprattutto un sistema che riconosce ormai nel mondo accademico una leva indispensabile per lo sviluppo della città. Per questo secondo Guido Fabiani, rettore di "Roma 3", «è necessaria una messa a sistema delle varie università presenti nella Capitale». Come si concretizza, professor Fabiani, quest'obiettivo? «Oggi ci sono a Roma quattro università pubbliche e otto-nove private. Ognuna con le proprie caratteristiche, regolamenti e capacità decisionali. Non è possibile ipotizzare un simile scenario da qui ai prossimi dieci anni. Occorre quindi quella che io chiamo una messa a sistema del mondo accademico, naturalmente rispettosa delle diversità. Le università devono comunicare tra loro, superare insieme i limiti e trarre vantaggio dalle comuni esperienze siano esse positive o negative. A beneficiarne saranno gli studenti ma anche l'intero mondo accademico». Secondo il Censis, il 32,1% dei romani pensa che saranno proprio le università a spingere l'evoluzione di Roma. Da cosa nasce tanto ottimismo? «Dalla consapevolezza che i giovani studiosi di oggi saranno i professionisti di domani. Una società moderna ed evoluta non può prescindere dalle capacità dei singoli individui. Ora più che mai le aziende ricercano personale preparato, esperto, possibilmente frequentatore di master o corsi post laurea. Dovremo quindi nel futuro essere in grado di rispondere ad una domanda crescente di giovani che vogliono laurearsi e di adulti che intendono avvalersi della formazione continua». In questo momento le università romane sono in grado di fornire una preparazione di alto livello ai giovani studenti? «Da un punto di vista didattico - formativo sì, anche se ciò che collega oggi maggiormente il mondo universitario al tessuto sociale sono i master. Non è un caso se ad avere maggiori possibilità occupazionali sono proprio coloro che scelgono di frequentare i corsi post laurea e non si fermano all'ottenimento del diploma. Le esperienze riportate dai ragazzi dimostrano, tra l'altro, che l'ingresso nel mercato del lavoro per chi si specializza è tendenzialmente più rapido e a livello più alto». Uno dei problemi che lamentano più spesso le università è la scarsità di risorse a disposizione. Dove è necessario investire con più urgenza? «Certamente nelle strutture. Faccio l'esempio di Roma 3. Se l'università avesse più spazi e più docenti, e dovrebbe essere così, non ci sarebbero problemi ad aprire a tutti. Il sistema che invece abbiamo adottato è il superamento di un test selettivo prima dell'iscrizione. Così riusciamo a mantenere un livello stabile di 40 mila studenti, che corrisponde alla capacità del nostro ateneo da un punto di vista strutturale e didattico. Naturalmente le istituzioni devono credere nelle potenzialità del mondo accademico. Solo con un'azione di concertazione sarà possibile evidenziare le esigenze più importanti su cui intervenire nel futuro per garantire non solo il diritto allo studio ma anche quello al successo».

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