L'euro corre oltre 1,36 dollari
Rispetto ai valori di inizio anno, l'euro è salito infatti di circa l'8% sul biglietto verde; rispetto ad inizio 2003 il progresso è stato invece di quasi il 30%, mentre il guadagno è addirittura del 50% con riferimento ai valori segnati nel gennaio 2002. Va ricordato inoltre che l'euro aveva toccato il minimo di sempre contro il dollaro il 26 ottobre del 2000, quando era sceso a 82,30 cents. Rispetto a quel livello di quotazione, il record toccato ieri a 1,3640 dollari rappresenta un rialzo nell'ordine del 65%. Sono percentuali vistose, che a prima vista confliggono con la realtà di una congiuntura economica europea che segna sempre il passo, sopratutto se raffrontata ai tassi di crescita dell'economia statunitense, che nel terzo trimestre di quest'anno ha registrato un +4,0%. Eppure, supereuro continua a salire, paradossalmente proprio per la natura anomala di questa stessa ripresa, che è stata in gran parte favorita da stimoli eccezionali. La prima ragione del declino del dollaro - perchè di questo essenzialmente si tratta, più che di apprezzamento dell'euro - è il deficit fuori controllo dei conti con l'estero, segnatamente della bilancia commerciale statunitense. Ad ottobre il deficit ha raggiunto il livello-record di 55,5 miliardi di dollari e su questi valori, per mantenere stabile la quotazione del dollaro, occorrerebbe che gli Stati Uniti fossero in grado di calamitare flussi di capitali dall'estero per un controvalore di circa 1,8 miliardi di dollari al giorno. Cosa sempre più difficile, in quanto gli investitori esteri stanno manifestando qualche riluttanza nel comprare asset (siano essi azioni, titoli del Tesoro Usa od obbligazioni corporate) espressi in valuta statunitense, anche perchè messi in guardia dalla stessa svalutazione del dollaro. L'altro aspetto che deprime il dollaro è rappresentato dall'enorme deficit dei conti pubblici statunitensi, volato a 413 miliardi di dollari nel 2004. È proprio questo disavanzo ad alimentare, perlomeno in parte, il rosso dei conti commerciali, in quanto i consumatori statunitensi, grazie ai cospicui bonus fiscali garantiti loro dall'amministrazione Bush, spendono sempre di più, acquistando in maggiore misura beni e servizi dall'estero, nonostante l'indebolimento del biglietto verde. In una situazione di questo genere, il solo deprezzamento del dollaro non può probabilmente bastare a riequilibrare il deficit commerciale, in quanto appunto questo stesso deficit è alimentato a sua volta dal vistoso buco delle finanze pubbliche. Due deficit sembrano infatti troppi per essere sanati dalla sola svalutazione della moneta.