E ora gli altri operatori dovranno svalutare
E prima di non trovare più il regalo di Natale sotto l'albero ha riunito ieri il consiglio di amministrazione e ha detto sì alla cessione all'Enel dell'intera quota di Ipse ancora in portafoglio (pari al 3,96%). Una mossa che faranno ben presto anche gli altri azionisti di Ipse (la spagnola Telefonica, Capitalia, Fiat, il gruppo Moratti) per i quali l'offerta di Enel è probabilmente l'ultima via di fuga da un'operazione disastrosa, costata fino ad ora oltre 3 miliardi di euro, compresi i due miliardi di costi operativi spesi negli ultimi anni per la sopravvivenza del gestore Umts. Ma adesso si pongono due problemi. Il primo: l'operazione che piace ai soci Ipse è altrettanto proficua per lo Stato? La somma offerta - anche se girata integralmente all'Erario per far fronte ai debiti di Ipse - sarà decurtata dei 200 milioni di sgravi fiscali concessi all'Enel. Quindi l'introito scende subito da 800 a 600 milioni. Inoltre, cedendo le frequenze che invece andavano tolte dal mercato e rivendute, lo Stato perde un'altra fonte di guadagno. Il secondo: l'offerta Enel fissa un nuovo prezzo, poco più di 200 milioni di euro, per ciascuna frequenza Umts. Se il prezzo è giusto, il rispetto della legge imporrebbe agli altri gruppi - che hanno pagato in sede d'asta oltre 4 mila miliardi di vecchie lire le concessioni - l'obbligo di svalutare l'investimento effettuato. Lo faranno?