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Nomina e revoca dell'amministratore

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Quanti condomini debbono intervenire all'assemblea perché essa sia costituzionalmente regolare? Per la rie1ezione dell'amministratore quali sono invece le maggioranze stabi-lite per la validità delle deliberazioni? L'articolo 1136 del codice civile dispone che l'assemblea (di 1a convocazione) è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. In difetto della valida costituzione dell'assemblea di 1a convocazione, entro dieci giorni dalla stessa può essere validamente dispo-sta una seconda convocazione in riferimento alla quale l'assemblea risulterà validamente costituita soltanto in pre-senza di almeno un terzo dei partecipanti al condominio che rappresenti al-meno un terzo del valore dell'edificio (ovvero 334 mm.). Per quanto concerne la nomina, la revoca e la conferma dell'amministratore, il medesimo arti-colo 1136 del codice civile dispone che le relative deliberazioni debbono essere sempre adottate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (500 mm.); in merito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 901 del 9 febbraio 1980, ha precisato che per l'approvazione della deliberazione in oggetto è richiesta una maggioranza che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio (500 mm.) e che sia costituita dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno un terzo dei partecipanti al condominio. Pertanto, in virtù di quanto sopra detto, può concretamente verificarsi l'ipotesi di una valida costituzione dell'assemblea condominiale in seconda convocazione (con un terzo dei partecipanti al condominio in rappresentanza di almeno un terzo del valore dell'edificio ovvero di 334 mm.) che non é però in grado di deliberare sulla materia come quella in esame perché richiedente un consenso "quantitativamente" superiore rispetto a quello minimo richiesto per la valida costituzione assembleare. Installazione di una canna fumaria Il condominio è costituito da unità abitative e relative cantine, oltre che da negozi e laboratori con cantine o sottonegozi; in due di tali laboratori si esercitano attività odontotecniche. Nel corso di alcune ispezioni alle murature si è constatata la presenza di "partizioni murarie verticali" ammorsate nelle murature che dal piano dei negozi arrivano fino al tetto dell'edificio. Si tratta di vere e proprie "colonne" vuote, completamente isolate e rivestite da muratura, senza un uso specifico, comunque costituenti parti comuni dell'immobile. I laboratori odontotecnici, hanno chiesto di potere utilizzare una di queste "partizioni" per l'alloggiarvi una canna fumaria in grado di smaltire i fumi provocati dalle loro attività. L'assemblea condominiale ha deliberato di dare il suo assenso una volta verificata la non pericolosità dei fumi, l'impianto a norma, non precluda l'utilizzo anche da parte di altri condomini, l'esonero da qualsiasi responsabilità del condominio. Va precisato che il Regolamento di Condominio, di natura contrattuale, non riporta nulla in proposito e che una di tali partizioni, con alloggio di canna fumaria, già da tempo remoto è utilizzata da un negozio di rosticceria. Ancorchè tali colonne possano costituire cose comuni del fabbricato, riteniamo che ognuna di esse sia stata destinata ad un utile utilizzo da parte del proprietario della cantina da cui si origina la canna stessa. Inoltre, per quanto prevede l'art. 1102 c.c., ciascun condòmino può utilizzare la cosa comune per il miglior godimento della sua proprietà, sempre che non arrechi pregiudizio agli altri condòmini e consenta che anche gli altri ne possano fare uso. Ciò potrebbe verificarsi, nel caso altre unità poste in colonna abbiano la necessità di utilizzare la stessa per evacuare fumi. Riteniamo pertanto che tali canne possano essere utilizzate dal singolo condòmino che ne abbi

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