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Statali, niente aumenti sopra il 4,3%

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Per l'Agenzia che regola i contratti pubblici non c'è modo di aggiungere risorse

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Le risorse in campo non permettono di strappare neppure un euro di aumento in più rispetto a quel 4,31% che sin ora i sindacati hanno rifiutato. Dunque, o ci si accontenta oppure non ci sarà nessuna possibilità di chiudere un'intesa». Sono parole nette quelle di Guido Fantoni, uno dei rari casi di manager bipartisan, chiamato alla guida dell'Aran (l'agenzia che negozia i contratti nella pubblica amministrazione) dal governo Amato e confermato l'anno scorso dall'esecutivo di Berlusconi. Mentre i sindacati degli statali premono per aprire le trattative con il nuovo ministro della funzione pubblica, Mario Baccini, il responsabile dell'Aran spiega perchè non è possibile restare a oltranza su posizioni rigide, a partire dall'aumento degli stipendi che i confederali vorrebbero intorno all'8%. «La legge finanziaria dell'anno scorso - dice Fantoni - ha fissato dei paletti ben precisi per la spesa. Se il governo volesse aggiungere una posta in più dovrebbe trovare i soldi nella finanziaria del 2006». Nella partita del contratto non ci sono però solo le questioni economiche. C'è il turn over dei dipendenti pubblici (che negli ultimi anni in Italia sono rimasti in numero sostanzialemente stabile) e il rilancio della mobilità. «Un tema, quest'ultimo, molto importante - dice - anche se ad oggi manca uno studio preciso sulle esigenze della pubblica amministrazione su tutto il territorio. Uno studio che lo Stato dovrebbe assolutamente fare per organizzare in modo manageriale il personale di cui dispone». Oggi i dipendenti della scuola sono circa un milione e cento mila, i ministeriali circa 300 mila, gli addetti di enti locali e università un milione e 400 mila e circa 150 mila sono i dirigenti, in gran parte medici ospedalieri. Per tutti questi lavoratori occorre chiudere un contratto che per Fantoni «non è impossibile». E questo perchè i sindacati della Funzione pubblica non sono paragonabili ai metalmeccanici della Cgil. E dunque c'è una buona possibilità che a prevalere sia la scelta di prendere i soldi che il governo mette nel piatto, per poi magari in un secondo momento chiedere nuove risorse. «D'altra parte - aggiunge Fantoni - le dinamiche sulle retribuzioni dimostrano che gli stipendi degli statali sono cresciuti più dell'inflazione». g.p.

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