IL TENTATIVO è quello di stabilizzare il mercato del greggio e riportare i prezzi a livelli ragionevoli, ...
È stata invece rinviata a fine gennaio, ad una nuova riunione straordinaria convocata a Vienna, la decisione sulla eventuale modifica della forchetta dei prezzi di 22-28 dollari, secondo quanto ha detto il segretario generale dell'Opec, l'indonesiano Purnomo Yusgiantoro. Nonostante l'impegno manifestato al Cairo dall'organizzazione - che include Algeria, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela - ieri i prezzi fanno registrare una ulteriore discesa sotto i 42 dollari, che ha sollevato qualche preoccupazione. «Siamo molto preoccupati dal forte calo dei prezzi - ha dichiarato il ministro iraniano Bijan Zanganeh - e dobbiamo monitorare molto attentamente». A suo avviso la base della forchetta dei prezzi non dovrebbe essere al di sotto dei 32 dollari, mentre gran parte degli altri ministri dell'energia sembrerebbero accettare l'ipotesi di 30 dollari. Interpellato alla fine della riunione, Yusgiantoro ha anche affermato che le riduzioni della superproduzione non possono essere ripartite con chiarezza tra i Paesi membri. «Quando tagliamo la produzione - ha detto - non indichiamo in dettaglio Venezuela, Iran, Indonesia. Noi diciamo che bisogna riportare la produzione alla quota di 27 milioni di barili al giorno, e che attualmente è in eccesso di 1,6 milione barili al giorno, mentre il bilancio tra fornitura e domanda del mercato del petrolio eccede di un milione. Per questo tagliamo un milione di barili». Alla domanda sul possibile riferimento per i prezzi all'euro piuttosto che al dollaro, anche in relazione all'inflazione di questa moneta, Yusgiantoro ha rinviato alla riunione di Vienna, quando «saranno esaminati gli sviluppi del mercato e messe a punto le strategie per il secondo quadrimestre dell'anno 2005». «La tendenza al ribasso - ha rilevato il ministro dell' Energia algerino Shakib Khalil - ci è sembrata un troppo veloce e abbiamo valutato che, se non avessimo preso la decisione dei tagli, i prezzi non si sarebbero stabilizzati. Ci saremmo quindi trovati in una situazione fuori controllo». Al Naimi, ministro del Petrolio dell'Arabia Saudita, il maggior Paese produttore sostiene che la decisione è stata presa «per evitare un accumulo straordinario di giacenze».