Fiat rompe con Gm sull'obbligo di acquisto
La casa automobilistica americana vuole essere liberata dall'impegno a rilevare il Lingotto
Martedì prossimo i vertici delle due aziende si vedranno a Zurigo per l'appuntamento trimestrale dello steering committee e confronteranno un'ultima volta le rispettive posizioni. Poi la partita dovrebbe giocarsi davanti alla giustizia civile (è competente il tribunale di New York). Possibilità di intesa in tempi brevi sembrano essere tramontate, e sarà questo lo scenario che l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne delineerà ai vari esponenti della famiglia Agnelli che lunedì prossimo si riuniranno a Torino per la consueta riunione di fine anno dei soci dell'accomandita (la cassaforte di famiglia). Incontro puramente informativo, come ha sottolineato il presidente dell'accomandita Gabetti, che ha anche aggiunto: «L'accomandita non è mai entrata nelle decisioni operative di Fiat». General Motors vuole essere liberata dall'ingombrante obbligo che sottoscrisse nel marzo del 2000 quando acquisì il 20% di Fiat Auto (quota poi dimezzatasi perchè gli americani non hanno aderito all'ultimo aumento di capitale della società), non lo ritiene più valido. Fiat sostiene tutto il contrario. Marchionne, in un'intervista comparsa ieri sul New York Times, non solo parla di «reale possibilità di esercitare il put», ma afferma anche che la partnership con Gm «è restrittiva». «E noi abbiamo bisogno - aggiunge - di riavere la nostra libertà strategica». Insomma, dice Marchionne, la discussione sul futuro del put deve allargarsi a una riconsiderazione globale dell'intesa del marzo del 2000 che aveva creato le due joint venture con Gm nel settore motore-cambi (Powertrain) e degli acquisti. Da qualche tempo ormai Fiat lamenta che da questa alleanza industriale i maggiori benefici sono andati a Gm, che ha potuto ad esempio usufruire dei propulsori diesel della casa torinese, considerati tra i migliori al mondo, e non ha invece apportato sostanzialmente nulla, al di là dei risparmi produttivi. Insomma il Lingotto vuole avere mano libera per cercare intese industriali anche con altri produttori. «All'epoca in cui Fiat firmò tutti questi documenti c'era l'ipotesi possibile, e molto probabile, di fondere il business dell'auto con General Motors - ricorda Marchionne - non possiamo cambiare ora le cose perchè i mercati sono cambiati e l'economia non sta andando così bene come si sarebbe potuto sperare». Fiat è intenzionata a difendere i propri diritti «e sono certo che ci riusciremo», sottolinea Marchionne. Ma le posizioni sono molto distanti e, all'avvicinarsi della scadenza sul put gli staff legali messi in campo dai due contendenti sono molto distanti dal trovare un'intesa.