La Fed non difende il dollaro
A dare spinta alla moneta unica la sensazione che l'appello rivolto lunedì congiuntamente dai ministri delle finanze dell'Eurozona e dalla Bce, affinchè le autorità Usa prendano provvedimenti sulla persistente svalutazione del biglietto verde, cadrà con ogni probabilità nel vuoto. Secondo gli addetti ai lavori, infatti, la posizione del governo Usa sulla questione è inequivocabile ed è quella della «benigna negligenza», in quanto, come ha spiegato Simon Derrick, responsabile dei cambi alla Bank of New York a Londra, «la cosa più logica è quella di avere una valuta debole che aiuti le aziende americane a stare un po' meglio». L'appello partito da Bruxelles perchè tutti facciano la loro parte nel ridurre gli squilibri finanziari poco tange, insomma, il governo Usa che, a fronte della voragine sempre più preoccupante del doppio deficit (di bilancio e commerciale), accusa l'Europa di avere la sua parte di colpa a riguardo dell'enorme disavanzo delle partite correnti, stante l'anemica crescita dell'economia del Vecchio Continente e nel contempo cerca ci fare quello che può per favorire l'export e ridurre il gap. «Gli Stati Uniti stanno chiaramente dimostrando - ha osservato Nick Bennenbroek, esperto di cambi di Brown Brothers Harriman & Co a New York - che nel mentre non sono attivamente impegnati a perseguire un dollaro più debole, sono tuttavia abbastanza soddisfatti e contenti della sua svalutazione». Il minidollaro, inoltre, come notano gli addetti ai lavori, non causa per il momento problemi ai mercati azionari e obbligazionari stelle a strisce e per molti investitori gli asset Usa sono anzi considerati un affare conveniente. Non si vede intanto all'orizzonte, secondo gli esperti, un prossimo intervento della Bce nei riguardi di una possibile discesa in campo per vendere valuta e arrestare l'apprezzamento della moneta unica, secondo una strategia che ha invece caratterizzato, per esempio, il Giappone nei primi mesi dell'anno: il governo del Sol Levante ha infatti fatto ripetutamente ricorso alla vendita di valuta nazionale per arginare un'ascesa che danneggia l'export. Un intervento della Bce, secondo gli operatori, si può tuttavia ipotizzare nel momento in cui la valuta unica sfonderà quota 1,40 per dollaro.