Albacom passa in mani inglesi
L'operazione era nell'aria da tempo, da quando cioè il trio italiano aveva manifestato il proprio disinteresse per la compagnia telefonica sulla quale aveva investito nell'epoca d'oro delle tlc. Investimento che dava pochi frutti: Albacom ha infatti chiuso il 2003 con una perdita di 286 milioni. In particolare l'Eni (che aveva il 35%) da mesi parlava dell'intenzione di uscire dalla telefonia per concentrarsi sul core business energetico: a giugno il numero uno del cane a sei zampe, Vittorio Mincato, dopo aver definito Albacom «un buchino nero che ci irrita», aveva annunciato che trattative per la cessione erano in corso. In autunno dichiarazioni sulla stessa lunghezza d'onda da parte di Mediaset (19,5%) e di Bnl (19,5%) avevano lasciato intendere come l'operazione fosse prossima alla conclusione. Ieri è arrivato l'annuncio, con i soci italiani che si fanno da parte per un incasso minimo di 116 milioni di euro. L'operazione finanziaria è piuttosto complicata: la somma sarà infatti composta per 61 milioni dal corrispettivo per la vendita dei crediti conseguenti ai finanziamenti erogati dai tre soci a favore di Albacom nel corso del 2004. Gli altri 55 milioni rappresentano invece il prezzo di vendita delle azioni, che sarà pagato a cinque anni dal closing, maggiorato di interessi, nonchè di un'ulteriore integrazione se l'andamento economico dell'esercizio fiscale 2008-2009 di Albacom sarà migliore di un livello predeterminato. Secondo i termini dell'accordo, poi, i quattro azionisti si faranno carico direttamente della quota di indebitamento bancario a medio lungo termine della società (250 milioni di euro), già garantita in proporzione alle quote di partecipazione. Il futuro di Albacom è dunque nelle mani del colosso britannico, che procederà a una ristrutturazione finanziaria basata sul taglio dei costi e di parte del personale da realizzare, spiegano fonti ufficiali a Londra, attraverso forme di esodo incentivato e servizi in outsourcing. Le attese sono di risparmi annui in contanti pari ad almeno 20 milioni di euro, grazie all'applicazione delle best practice internazionali di Bt e al maggior potere d'acquisto. Soddisfatto l'amministratore delegato Corrado Sciolla, che a marzo ha preso il posto di Michele Preda: «L'integrazione di Albacom con Bt - afferma - ci porterà opportunità reali di progredire in Italia e di aumentare significativamente la nostra quota del mercato del networking digitale». Nessuna novità, invece, sulla strategia di base, che continuerà a essere quella dei servizi telefonici alle aziende (dalle grandi imprese fino alle Pmi, ai commercianti e agli artigiani), un settore nel quale fin dalla nascita, nel 1995, Albacom si è impegnata riuscendo a raggiungere un fatturato annuo di circa 640 milioni di euro e 225mila clienti. Nessun interesse, dunque, per la telefonia consumer: «Wind - ha spiegato l'amministratore delegato di Bt Global Services, Andy Green - non ci interessa. Siamo focalizzati sul mercato corporate».