Quoziente familiare, si risparmiano 600 euro
È questo il risparmio che si otterrebbe dall'introduzione del quoziente familiare, il calcolo cioè del reddito sulla base dei componenti della famiglia invece che sul singolo individuo. Un'ipotesi rilanciata con forza anche dal ministro del Welfare, Roberto Maroni, che ha istituito un gruppo di lavoro ad hoc. Le stime degli effetti del quoziente familiare sono della Sogei, la Società generale di informatica. Uno strumento fiscale, già in vigore in altri Paesi europei, che agevolerebbe soprattutto le famiglie numerose. Non solo attraverso la detrazione delle spese sostenute per il mantenimento dei figli, ma modificando il metodo di calcolo della base imponibile. In Parlamento giacciono altre dieci proposte analoghe e la battaglia è condotta da dieci anni anche dal Forum delle associazioni familiari. Una questione di equità orizzontale, come è definita, per fare in modo che il prelievo fiscale avvenga sul reddito familiare, decurtato degli oneri per il mantenimento dei figli, a prescindere dalla capacità contributiva. Si otterrebbe così un riequilibrio dell'imposizione diretta, corrispondente a una riduzione media della pressione fiscale di circa un punto percentuale. Il tutto a favore delle famiglie, che andrebbero a pagare complessivamente 8-10 miliardi di euro in meno per raggiungere un carico fiscale equivalente a quello dei contribuenti senza figli. Contrariamente ad altri Paesi europei, in Italia i benefici fiscali per chi ha figli sono ancora limitati. A parità di reddito, infatti, la differenza di prelievo tra chi ha figli a carico e chi non ne ha è trascurabile. Se si considera un reddito medio di 30 mila euro l'anno, si calcola che una famiglia con due bambini arrivi a versare, dal 2002, solo 1.000 euro in meno di Irpef rispetto a una coppia senza figli. Un divario molto più consistente si registra in Paesi come la Francia, dove le coppie con figli pagano 3.000 euro in meno di imposte, o la Germania dove addirittura la differenza raggiunge i 6.000 euro l'anno. Per chi decide di mettere al mondo un figlio, infatti, con l'attuale sistema fiscale italiano, la prospettiva è quella di investire almeno 190 mila euro in 20-25 anni, pari a una spesa variabile tra i 500 e gli 800 euro al mese. Questo richiede, se si vuole mantenere lo stesso tenore di vita, uno sforzo per incrementare le proprie entrate di almeno il 25%. Ma l'aumento del reddito determina a sua volta un innalzamento dell'aliquota fiscale, che si traduce -secondo i calcoli del Forum delle associazioni familiari- in circa 2.400 euro di prelievo in più. E non basta. I figli fanno anche aumentare i consumi, sui quali gravano imposte indirette come l'Iva, che comportano un ulteriore gettito stimabile in circa 800 euro. È vero che al contribuente con figli sono riconosciute detrazioni per il loro mantenimento (500 euro). Non sufficienti, però, a compensare l'aggravio. Alle tasche di una famiglia che guadagna circa 30 mila euro, e incrementa il proprio reddito del 25%, dunque, la nascita di un figlio costa 2.700 euro di imposte in più ogni anno. Ma quanto guadagna in media una famiglia italiana? A fare i conti è la Banca d'Italia, nell'indagine sui bilanci familiari, dalla quale emerge che nel 2002 il reddito annuo medio (al netto delle imposte e dei contributi previdenziali) è stato di 27.868 euro, pari a 2.322 al mese. I maggiori passi avanti li hanno fatti i nuclei in cui c'è un lavoratore autonomo (+10,1% rispetto al 2000, contro una media di +6,8%), mentre dove è presente un operaio o un impiegato l'incremento è stato solo del 3,9%, meno delle case dove il capofamiglia è pensionato (+6,4%). Il reddito familiare risulta più elevato al Nord e al Centro: rispettivamente, 32.774 euro e 29.355, contro i 20.172 del Sud. Nel Mezzogiorno, inoltre, le famiglie sono mediamente più numerose. Il valore più alto si registra in Campania, con 3,05 componenti, mentre quello più basso in Liguria con 2,19, a fronte di una media nazionale di 2,59. Il reddito medio pro-capite della f