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L'inflazione «congelata» anche a maggio

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I generi alimentari bilanciano il petrolio. Perugia la città più cara, Ancona la più virtuosa

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E così l'inflazione resta ferma anche a maggio, per il quarto mese consecutivo, al 2,3%, segnando un incremento congiunturale dello 0,2%. A limitare gli effetti del rialzo delle quotazioni del petrolio, che si sono fatti sentire alla pompa di benzina, ma non sui trasporti aerei, sono soprattutto gli alimentari che, fatta eccezione per i prodotti ittici, registrano incrementi limitati. I consumatori gridano allo scandalo, guardando «dati che sono a dir poco incredibili», mentre i sindacati ritengono che un'inflazione a questi livelli impedisca il rilancio economico del Paese. Scettico anche il vice ministro delle Attività produttive, Adolfo Urso, secondo il quale il dato di maggio è buono, ma non «sufficiente rispetto all'esigenza, per noi prioritaria, di ridurre il tasso al di sotto del 2%». Cauti anche i commercianti: per la Confcommercio «il fatto che non si sia verificato un rialzo non significa che si può stare con le mani in mano», mentre la Confesercenti teme rialzi a breve a causa dei rischi legati alle tensioni internazionali e agli annunciati aumenti tariffari. Ed i rischi che l'inflazione torni a salire sono, avvertono gli analisti, più che concreti. Le rilevazioni delle città campione, che attendono oggi una prima conferma dell'Istat (il 15 giugno il dato definitivo), mostrano un'inflazione al di sotto delle attese: gli esperti macroeconomici, infatti, si attendevano un incremento dei prezzi con un tasso che in maggio si sarebbe dovuto attestare al 2,4-2,5% spinto dal caro-petrolio. Anche se per questo mese sembra scampata, il rischio che i prezzi tornino a correre rimane: ne sono convinti gli analisti e l'Isae, che vedono nei prossimi mesi un riaccendersi delle tensioni inflattive. A maggio l'aumento dei prezzi più consistente su base mensile si è verificato a Perugia (+0,4%), mentre la città più virtuosa è risultata Ancona, dove i prezzi sono rimasti invariati. Pur non avendo fatto schizzare i prezzi, il caro-greggio ha infiammato le polemiche. Per il Codacons il dato delle città campione «stride fortemente con gli ultimi aumenti del prezzo della benzina, aumentati da gennaio ad oggi del 13%, e quindi non sono credibili». Secondo l'Intesa dei Consumatori e la Federconsumatori, «è impossibile che l'inflazione sia ferma al 2,3%» e che i prezzi si continuino a rilevare in base all'attuale paniere «che va assolutamente rivisto». Un'analisi più politica viene dai sindacati. «Il 2,3% rilevato non aiuta rispetto alla vera urgenza che è le ripresa economica e non aiuta neanche la ripresa consumi» afferma la Cisl, invitando il governo «ad accogliere l'invito del neo presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, e rilanciare la concertazione». D'accordo anche la Cgil, che ritiene opportuna una «modifica della politica economica dell'esecutivo al fine di evitare che l'inflazione rimanga tale». Pur apprezzando il fatto che l'inflazione sia rimasta ferma nonostante i timori della vigilia, il vice ministro Urso si dimostra scettico. «Il dato delle città campione è sicuramente importante se raffrontato ai timori della vigilia, ma non sufficiente rispetto all'esigenza, per noi prioritaria, di ridurre il tasso al di sotto del 2% - dice Urso -. Dobbiamo continuare ad agire per diminuire il tasso di inflazione e anche per questo mi sembra sbagliata la posizione della Commissione europea contraria a ridurre l'accise sul petrolio».

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