Addio a Cefis, il grande manager di Stato

Eugenio Cefis conobbe Enrico Mattei da giovane, durante il periodo della Resistenza. All'epoca Mattei era uno dei cinque capi del Corpo volontari della libertà (Cvl). Già nell'immediato dopoguerra Cefis affiancò Mattei nell'attività di ristrutturazione dell'Agip e in seguito nella fondazione e nello sviluppo dell'Eni, del quale, alla morte di Mattei, fu eletto vice presidente e nel 1967 presidente. Nel 1971 Cefis divenne presidente della Montedison, il gigante chimico, nato dalla fusione della Montecatini con la società elettrica Edison. I primi anni lo videro al comando di un impero che comprendeva anche mezzi di informazione, per esempio, il quotidiano romano «Il Messaggero». Nel 1977 lasciò la Montedison, si ritirò dalla scena pubblica e prese casa a Lugano. Eugenio Cefis è stato un protagonista di spicco della stagione delle partecipazioni statali, guadagnandosi soprannomi come «signore della chimica» oppure rientrando in quella categoria di «razza padrona» raccontata dal giornalista Eugenio Scalfari. Dopo più di vent'anni di silenzio, Eugenio Cefis, intervistato da Dario Di Vico sul «Corriere della Sera», ha tracciato nel 1999, la figura di Enrico Mattei partigiano e di Mattei prima come manager dell'Agip, la società distributrice dei prodotti petroliferi su scala nazionale, e poi fondatore e presidente dell'Eni. Con questa intervista si è conosciuto come i destini personali e manageriali dei due si sono intrecciati tra loro fin dal periodo della lotta per la liberazione dell'Italia. In quegli anni Enrico Mattei ebbe il compito di organizzare una struttura partigiana di quadri cattolici, così come avevano già fatto i comunisti e il resto dei movimenti politici, compreso il Partito d'Azione che aveva una organizzazione sperimentata durante la clandestinità. Chi aveva reclutato in politica Enrico Mattei fu il professore Marcello Boldrini. Entrambi erano di Metellica, nelle Marche. «Il professore - racconta Cefis in quell'intervista - lo aveva fatto studiare, lo aveva portato dal suo camiciaio di Milano, introdotto nel mondo degli imprenditori, gli aveva consigliato come collezionare bei quadri, comperare bei tappeti, arredare con gusto casa e uffici. Boldrini era la classica espressione delle elite intellettuali cattoliche e fu così che la Dc, quando dovette segnare la propria presenza nel Cvl, suggerì il nome di Mattei. E lui che era un uomo pratico e cercava sempre di parlare per ultimo, al momento della suddivisone dei compiti disse sono un ragioniere, a me potete affidare l'amministrazione e la cassa, visto che nessuno di voi l'ha chiesta. Con quei soldi finanziò le formazioni partigiane che avevano bisogno di sopravvivere, raccolse piccoli gruppi sparsi di ragazzi non legati ad alcun partito, i cosiddetti cani sciolti, e quando arrivò nella zona dell'Ossola trovò me. Nel primo colloquio che ebbi con lui mi offrì tutto quello che mi poteva servire, ma io, siccome avevo già tutto, ero la persona sbagliata».