Boom infrastrutture, i progetti sono in ritardo
Sono 228 le grandi opere in corso, e non è vero che il governo Berlusconi sia nordista. Anzi, la maggior parte degli interventi è al centro sud. È questa la fotografia che fa l'ufficio studi della Camera in uno studio pubblicato ieri. Si tratta, tra l'altro, della prima analisi comparata tra ufficio studi di Montecitorio e tre istituti di ricerca: Cresme, Nova e Ecoter. Quasi 300 cantieri. Il lavoro si divide in due parti: la mappa dell'esistente e l'impatto della legge obiettivo sulle grandi opere varata dall'esecutivo. Nella prima parte vengono individuati gli interventi in corso; la quota maggiore riguarda l'acqua: sono infatti ben 65 le opere per i sistemi idrici, 35 invece quelle per i sistemi urbani. Attenzione particolare è stata dedicata ai «corridoi», le grandi vie stradali e ferroviarie. Mezzogiorno, lavori in corso. La parte maggiore dei lavori pubblici va al Sud: 124 opere, pari al 54% del totale. Invece 68 (29,8%) sono al Centro, il che significa che il Centro-sud assorbe l'84% del totale. Vola il settore. Lusinghiero il commento degli studiosi: «Il mercato dei lavori pubblici in questi anni è andato via via crescendo. Nell'anno 2000 il suo valore è stato di circa 20 miliardi di euro, con un numero di 31.394 opere messe a gara. Un anno dopo, il mercato ha raggiunto i 21 miliardi e mezzo con un calo del numero delle opere. La conseguenza è stata una crescita seppur leggera dell'importo medio». La svolta arriva l'anno successivo. Infatti «nel 2002 si è registrato un ulteriore aumento sia del numero degli avvisi che nell'importo complessivo, che passa da 21,5 a 24,7 miliardi di euro, con una sostanziale stabilità dell'importo medio». La legge della svolta. Nello studio si evidenzia che «lo scenario risulta in forte cambiamento a partire dal 2003: cala lievemente il numero totale degli interventi, mentre si accresce notevolmente il dato sul valore complessivo delle opere messe in gara, da 24,7 a 37,7 miliardi di euro, mentre il valore dell'importo medio cresce a sua volta quasi del 56%». I medi sono la locomotiva. A trainare, una volta tanto, non sono i piccoli né i grandi appalti. Bensì i medi. I piccoli (sotto i 155mila euro) calano infatti in un anno del 16% per numero e dell'11,5% in valore, mentre aumentano tutte le altre categorie. «Particolarmente pronunciato - si legge nel rapporto - è il cambiamento nella fascia d'importo più alta, oltre i 15 milioni e mezzo di euro, dove si registra una crescita di quasi il 50% per numero e di circa il 130% per l'importo». Bene Anas e Ferrovie. È scritto: «Gli appalti relativi a opere stradali (Anas) sono cresciuti nel 2003 del 17% per numero e di circa il 120% in valore, l'importo complessivo delle opere Fs del 76%». Lo Stato non lascia ma raddoppia. Il primo intervento di una certa importanza del governo Berlusconi nel settore è stata la delibera Cipe 121 del 2001 con la quale veniva fissata la serie di interventi da farsi. Allora la spesa prevista era di 125 miliardi di euro. Oggi il costo del programma è arrivato a quota 231 miliardi e 792 milioni: +84%. In ritardo. Sono 96 i progetti all'attenzione del ministero delle Infrastrutture, di cui 67 in fase preliminare e 29 definitivi. L'88% dei preliminari non è stato ancora trasmesso al Cipe, il 10% è stato approvato. Dei definitivi la metà è stato presentato, il 41% approvato. Ma dei 59 progetti preliminari non ancora trasmessi al Cipe 44 risultano già fuori tempo massimo (5 mesi).