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L'ombra della malattia di Umberto

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E quell'assenza di un Agnelli, al Lingotto, all'assemblea della Fiat, ha pesato con la sua immanenza. "Sta lottando strenuamente contro il male" ha affermato Gianluigi Gabetti, presidente di Ifil, a chi gli chiedeva notizie del "dottore", come viene da sempre identificato Umberto per distinguerlo dal più celebre "Avvocato". Ma quell'assenza, che si materializzava, in maniera pesante, forse più concreta dell'immagine apparsa in teleconferenza al Consiglio di Amministrazione Fiat, faceva sorgere negli astanti una serie di riflessioni. Prima fra tutte la missione che Umberto aveva raccolto dal fratello Gianni, in punto di morte e che gli ha fatto preferire la salvezza della Fiat come produttore di automobili, e rinunciare ad altre ventures, in imprese di tipo diverso e in avventure finanziarie. Per salvare l'auto si era convinto e aveva convinto anche tutti gli altri soci della Giovanni Agnelli & C SAPA ( Società in Accomandita Per Azioni, n.d.r.) a procedere ad un aumento del capitale, e accondiscendere alla vendita dei cosiddetti gioielli di famiglia, oltre alla partecipazione in General Motors, la Toro Assicurazioni, la Fiat Avio, la Fiat Engineering, la Fidis, tutto quanto potesse servire ad abbattere quel brutto indebitamento che affliggeva la società, e ad accondiscendere alle condizioni del prestito convertendo, rifiutando l'ingresso di soci che avrebbero costituito oltre che un "peso" anche una implicita rinuncia della "famiglia" al posto di comando. E' vero, si sussurrava mentre l'A.D. Giuseppe Morchio enumerava i progressi del Gruppo, vi sono John e Lapo Elkan, ma avranno abbastanza carisma - Dio non voglia mancase Umberto - da reggere il confronto con le aggressioni che il gruppo subirebbe?

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