Melfi, il blocco mette a terra la Fiat auto

Oggi le fabbriche di Fiat Auto, compreso Pomigliano, rimarranno ferme a causa del mancato arrivo da Melfi dei componenti. Dallo stabilimento lucani non sono infatti partiti, i mezzi che devono rifornire le fabbriche di Mirafiori, Termini Imerese, Sevel-Val di Sangro e Pomigliano, dove si produce l'Alfa Romeo. Rischiano quindi di rientrare in fabbrica dopo due settimane di cassa integrazione senza poter però lavorare i 1.200 operai di Mirafiori addetti alle linee della Thesis, dell'Alfa 166 e della Lybra. Lo stesso a Cassino. Intanto i lavoratori di Mirafiori hanno scritto una lettera ai colleghi lucani dai toni drammatici: «Nei prossimi giorni il nostro lavoro, quel poco che si fa tra una cassa integrazione e l'altra, è nelle vostre mani». Poi esprimono «rispetto e solidarietà» per i problemi dei dipendenti dello stabilimento lucano, chiedendo però «altrettanto rispetto e solidarietà» per i propri problemi. I dipendenti di Mirafiori poi sollecitano quelli di Melfi «a non mettere a repentaglio la produzione di stabilimenti, come Mirafiori, che sono a rischio sopravvivenza». Ma il leader Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti che oggi sarà a Melfi, non sembra accorgersi della gravità della situazione e plaude al blocco di Melfi dicendo che è «la fine di un regime assolutista, della visione di quanti pretendevano la cancellazione dei conflitti sociali». La responsabilità di quanto accade, per Bertinotti, «è della Fiat e di quanti hanno voluto smarcarsi da un principio elementare, quello che a parità di lavoro serve una parità di salario». Il segretario della Cgil Epifani auspica invece «una ricucitura dei tre sindacati». Il problema dell' ordine pubblico, intanto, cresce: le voci che le forze dell'ordine potessero intervenire hanno tenuto il campo per tutta la giornata, ma il questore di Potenza, Americo Di Censo, le ha smentite. A Melfi intanto stanno arrivando rinforzi di agenti di Polizia e carabinieri. Un «segnale» da interpretare insieme ad altri elementi: la posizione del sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, secondo il quale «è dovere delle istituzioni garantire la libertà di lavorare e di produrre, rimuovendo i picchetti organizzati da minoranze».