«Sì alla previdenza complementare»
I lavoratori agricoli, sia dipendenti che autonomi, in Italia sono 1 milione e 500 mila e, con esclusione di quelli che hanno superato i 45 anni e quindi hanno scarso interesse per la previdenza complementare, 1 milione e 200 mila attendono con trepidazione la definizione della legge delega sulla previdenza. La media del reddito pensionistico per questi soggetti non supera i 600 euro al mese. L'introduzione del sistema contributivo avvenuto con la legge Dini nel 1995 per coloro che andranno in pensione con questo calcolo, riduce il reddito di circa il 35%. Ecco perché diventa di capitale importanza l'istituzione della previdenza complementare anche nel comparto agricolo che può andare a sopperire il taglio delle pensioni dell'Inps. Gabriele Mori, direttore generale dell'Enpaia, l'ente di previdenza degli agricoltori, non esita ad affermare che «la certezza di un sistema pensionistico pubblico e la possibilità di integrarlo con la previdenza complementare determina indubbiamente in tutti i lavoratori una situazione di tranquillità per il proprio futuro. Certamente l'innalzamento dell'età per andare in pensione per i lavoratori che hanno sempre operato nei campi comporta obiettive difficoltà». Come pensate di gestire il rapporto con il governo? «Dobbiamo registrare con soddisfazione che gli emendamenti proposti alle commissioni Lavoro del Senato e della Camera da parte dell'Enpaia per una possibile e immediata attuazione dei fondi complementari sono state accolte. Sarebbe tuttavia auspicabile che fosse data al governo la possibilità di intervenire per incentivare il lavoro nei campi». Cosa avverrà con l'entrata in vigore della legge delega? «L'Enpaia gestisce la previdenza per i soli impiegati agricoli con un bilancio di circa 300 miliardi e con un numero degli iscritti pari a 50 mila. Il bilancio tecnico attuariale garantisce il pernanere di questa previdenza anche per i prossimi 40 anni. L'entrata in vigore della legge delega e la costituzione del fondo, determinerà per l'Enpaia la possibilità di gestire un sistema pensionistico integrativo per un milione e 200 mila lavoratori con un bilancio annuo che potrà sfiorare a pieno regime mille miliardi».