Addio a Demattè il bocconiano doc che guidò le Fs e la Rai dei «professori»
Claudio Demattè, il professore della Rai e poi delle Ferrovie dello Stato, si è spento ieri. Il manager, classe 1942, si fece conoscere fuori dalle austere mura accademiche proprio grazie alla presidenza in queste due aziende, da sempre piene di problemi ed esposte a livello politico e sindacale. Demattè si laurea in Economia e commercio alla Bocconi nel 1967, ma subito va all'estero per studi di perfezionamento all'Harvard Business School prima di Losanna e poi di Boston, per completare la preparazione alla Postgraduate Business School di New York. Torna in Italia presto e si dedica anima e corpo all'attività accademica, con vari incarichi a Cà Foscari (Venezia), Parma, e soprattutto all'amata Bocconi. L'esperienza nell'ateneo milanese, tuttavia, è anche a livello gestionale: nel 1973 diventa infatti direttore generale della prestigiosa Scuola di direzione aziendale, incarico ricoperto fino al 1989. Nel 1996, dopo i burrascosi mesi alla Rai, ne diventerà presidente fino al 2002. Accanto alle cariche accademiche, il professore si fa le ossa anche come amministratore di società e banche. La prima esperienza di rilievo lo riporta nella natia Trento, dove si prende cura della Banca di Trento e Bolzano come amministratore delegato e poi come vicepresidente. Tutte esperienze, insieme a quelle nei cda di tante aziende, che gli torneranno utili nel luglio 1993, quando viene nominato presidente della Rai in una tv di Stato che passa alla storia come quella dei professori. L'esperienza, improntata alla delottizzazione e al risanamento, è breve e piena di spine e dopo giusto un anno (luglio 1994), all' indomani della vittoria elettorale del Polo delle libertà, Demattè si fa da parte. Il ritorno sulla scena che conta avviene nel 1998, con la nomina a presidente delle Ferrovie dello Stato. È una presidenza che subito viene definita forte dai mezzi di informazione. E il nuovo numero uno infatti si presenta con una ricetta ambiziosa e complicata da realizzare: liberalizzazione, privatizzazione e distribuzione di azioni per i dipendenti. Ma per arrivarci occorre risanare e Demattè, inimicandosi sindacati e consumatori, parla chiaramente di taglio dei salari, riduzione degli scioperi e aumento delle tariffe. E non solo: nella prima uscita vera da capo-azienda minaccia di affiggere l'albo dei raccomandati. L'esperienza dura tre anni, fino alla scadenza naturale del mandato, e molte delle cose che voleva fare sono rimaste nel cassetto. Ma il bilancio di Demattè, nonostante aspri scontri anche politici, è positivo: il piano di risanamento - dice con orgoglio quattro giorni prima di lasciare - «è più che decollato».