IL GIORNO dopo la divisione tra Camera e Senato sul documento conclusivo dell'indagine, restano le distanze.
Previsto, invece, dalla proposta di legge Ds sui bond argentini; ma il presidente della Commissione Finanze della Camera Giorgio La Malfa avverte: «È una legge a rischio incostituzionalità ». Il giorno dopo la frattura, le polemiche non si placano. È La Malfa, a invitare i colleghi del Senato a presentare emendamenti al documento, anzichè critiche. Il nodo resta quello della responsabilità della banca d'Italia. «Se il problema è la parte in cui si parla della responsabilità dell'organo di vigilanza sulle banche - dice - abbiano il coraggio di presentare emendamenti e di dire che la colpa è dunque solo dei risparmiatori che hanno finanziato Tanzi». Più morbida è invece la replica di Bruno Tabacci (Udc), presidente della Commissione Attività produttive di Montecitorio: «Non pretendo che tutti apprezzino il lavoro svolto», ha detto sottolineando però che «quello che interessa è chiudere rapidamente per iniziare l'esame del disegno di legge del governo». E uno dei senatori che aveva mosso le critiche, Giampiero Cantoni di Forza Italia, precisa: «La mia personale critica si appunta sul metodo di presentazione del documento e non sui contenuti». Ma sulla riforma del risparmio ieri sono arrivate le proposte di banche e imprese: ritengono opportuno rafforzare gli strumenti esistenti a tutela del risparmio, raccomandano un intervento di miglioramento «tempestivo» e bocciano l'ipotesi di introdurre fondi di risarcimento in caso di frodi che potrebbero diventare una vera e propria «tassa sull'intermediazione». Lo scrivono in un documento stilato al termine di un tavolo tecnico Abi (banche), Ania (assicurazioni), Assonime (società quotate) e Confindustria (imprese). Sulla possibilità di un fondo di risarcimento banche e aziende ritengono che questa iniziativa «non sia coerente con gli interessi e la funzionalità del mercato», perchè «forme di risarcimento che gravino coattivamente sulla generalità degli intermediari, attraverso appositi fondi si tradurrebbe in una vera e propria tassa sull'intermediazione, la quale danneggerebbe intermediari e imprese».