Banche e finanziarie meglio dell'industria
Con sorprese notevoli per un'economia in declino. Banca Fideuram annuncia un utile netto di 175,6 milioni contro i 150 del 2002, e un incremento della raccolta netta del risparmio gestito a 3,6 miliardi, e una massa ammninistrata di 58,1 miliardi, con una crescita del 5,9 per cento. Alleanza Assicurazioni presenta oggi i risultati di gestione del 2003, con un utile netto di 403,9 milioni e un più 72,9 per cento rispetto all'anno precedente. La Ras da parte sua sorprende gli analisti più ottimisti con 554 milioni di utili netti, una raccolta di 16,6 miliardi, e un dividendo del 36,4 per cento superiore a quello dell'anno precedente. Mediobanca presentandosi agli analisti per la prima volta denuncia un ebit di 371 milioni, contro le perdite di 186 milioni del 2002. Perfino la molto più piccola Meliorbanca, annuncia utili netti di 19,2 milioni, in crescita dello 4,1. Sembrerebbe di trovarsi nel Paese di Bengodi, dove se la finanza fa tanti profitti, se incrementa la raccolta , se dispone di tanta liquidità, è anche strumento per investimenti nell'industria di beni durevoli, di nuovi macchinari, di impianti frutto di ricerca, di conquista di nuovi mercati. Niente di tutto ciò. Semmai ci si trova di fronte a un fenomeno contrario che i tecnici di settore hanno voluto definire, usando come al solito lo slang americano, "credit crunch" , e che sta a indicare un restringersi del credito alle industrie. Ma i dati di bilancio delle attività finanziarie che prima abbiamo citato come esempi, perché quasi tutte presentano risultati analoghi, sono la rappresentazione di un fenomeno da non prendere sottogamba. E che ci pongono di fronte a un interrogativo. Producono ricchezza per il Paese? Sembrerebbe di si a prima vista. Ma in effetti sono attività quasi tutte a somma zero. Da raccolta, scambi, utili, non viene fuori nessun "valore aggiunto", niente di tangibile, nessuna trasformazione da materia prima in manufatto dovuto all'ingegno e alla creatività umana, e da trasferire sul mercato perché produca effetti economici a beneficio della collettività. Secondo l'indagine rapida del centro studi di Confindustria, anche nel bimestre gennaio-febbraio la produzione industriale sarebbe rimasta più o meno stabile sui livelli medi raggiunti nella seconda metà del 2003. A pensarci bene, tutti questi risultati stanno a indicare come in Italia si stia creando un'economia di carta, che una scintilla potrebbe mandare in fumo.