Industria, emorragia di posti Le retribuzioni sono salite del 3,2%. Sindacati e Confcommercio in allarme
Il trend che si ripete orma da anni non accenna a rallentare. Anzi: nel 2003 i posti di lavoro persi nelle aziende con oltre 500 dipendenti sono stati 21.000 (-1,1% sia al lordo sia al netto della Cig). Alta la preoccupazione di sindacalisti e non che, criticando le politiche economiche attuate del Governo, chiedono una forte sferzata per invertire un tendenza che sembra quasi irreversibile. Una crisi, quella tratteggiata dall'Istat, che lascia vittime soprattutto nell'industria, dove lo scorso anno si contavano 24.000 addetti in meno rispetto al 2002, piegata dalla crisi di alcuni settori leader del Made in Italy. Nei servizi, invece, l'occupazione cresce: commercio ed alberghi spingono verso l'alto il numero degli occupati, cresciuto nel 2003 di 3.000 unità. La contrazione dell'occupazione (-1,1% sia al lordo sia al netto della Cig) nel 2003 riflette soprattutto le difficoltà della grande impresa industriale, dove il numero di occupati è calato del 3% toccando però punte più pesanti nell'alimentare (-3,9% al lordo della Cig), nella produzione di mezzi di trasporto e di apparecchi elettrici e di precisione (ambedue -4,3%) e nella fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche (-4,4%). Commercio (+6,6%) ed alberghi e ristoranti (+3,2%) spingono invece l'occupazione nelle grandi imprese di servizi: 3.000 posti di lavoro nuovi nel 2003 (+0,3% al lordo della Cig e +0,2% al netto della Cig). Ma se gli addetti calano nelle aziende con più di 500 dipendenti, le retribuzioni ed il costo del lavoro crescono quasi di pari passo. Così come il ricorso alla cassa integrazione. Lo scorso anno, infatti, 2,2% il costo del lavoro medio per dipendente è salito del 2,2%, cioè 0,1 punti percentuali in più delle retribuzioni lorde medie sempre per dipendente. Il costo del lavoro medio per ora lavorata e le retribuzioni orarie lorde per dipendente sono invece saliti ambedue del 3,2%. Alta la preoccupazione sul fronte sindacale e non solo. «Bisogna rivedere le politiche di sostegno e degli incentivi che vanno ridistribuite in maniera diversa rispetto al passato» afferma il presidente della Confcommercio, Sergio Billè. Secondo la Uil la flessione registrata nel 2003 «è purtroppo la conferma di una costante negativa che ormai da vent'anni riguarda l'industria italiana» ha detto il segretario generale Luigi Angeletti. A puntare sul tema competitività legato proprio alla grande impresa è il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, mettendo in evidenza che il mondo politico, «ma anche chi non è nel governo», vive infatti nel «grande equivoco che il piccolo possa essere veicolo di competitività, quando è invece solo il grande che può permettere una ripresa».