L'EMENDAMENTO AL SENATO
Lo prevede l'emendamento depositato ieri sera in Senato e che sarà presentato oggi in Commissione Lavoro dal ministro del Welfare, Roberto Maroni. Nel provvedimento è previsto per i lavoratori dipendenti che vogliano accedere alla pensione di anzianità i minimi di 60 anni e di 35 di contributi o 40 anni di contributi a qualsiasi età. Il requisito dell'età cresce a 61 anni nel 2010 e a 62 nel 2014, salvo verifica sui conti. Se i risparmi saranno superiori alle attese il Governo potrà fare un decreto per mantenere l'età minima a 61 anni. È confermato che non ci saranno corsie preferenziali per le donne, che quindi dal 2008 vedranno coincidere l'età necessaria per la pensione di vecchiaia e per quella di anzianità. I 60 anni rimarranno invariati anche negli anni successivi al 2008. Dovrebbe restare ferma la verifica sui conti nel 2005 prevista dalla legge Dini. Il vice premier Gianfranco Fini ha annunciato a «Porta a Porta» tempi brevi per l'approvazione. «Puntiamo a a farcela al Senato nei prossimi venti giorni, non alla vigilia delle elezioni europe», ha sottolineato, precisando che il provvedimento «non è un'iniziativa del Governo per onorare il programma elettorale, ma un dovere e un obbligo». Il vicepremier ha precisato anche che «l'emendamento è suscettibile di modifiche sostanziali». La dichiarazione è la risposta a Bossi che, poco prima della presentazione del documento aveva affermato che il provvedimento «costa di più di quanto incassa» e penalizza «sempre gli stessi» ovvero i lavoratori dipendenti. Fini si è detto sorpreso della presa di posizione subito commentando che forse il leader della Lega «rispondeva a una domanda posta in modo ambiguo». «Ci sarà una discussione in parlamento - ha detto ancora il presidente di An - ma il governo non cambia opinione a ogni stormir di fronde, quindi l'emendamento non è suscettibile di modifiche sostanziali. Qualche modifica non si può escludere ma non potrà essere sostanziale». La Lega, con il responsabile Lavoro del partito, Dario Galli, ha ribadito la necessità di prevedere un terzo canale di uscita dal lavoro (oltre a quello dei 40 anni di contributi a qualsiasi età e di 60 anni di età con 35 di contributi) per quei lavoratori che a 57 anni di età abbiano versato almeno 38 anni di contributi. In questo caso, infatti, si tutelerebbero quei lavoratori che sono entrati in azienda prima dei vent'anni, e si garantirebbe alle donne l'uscita prima dell'età di vecchiaia.