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«Cedere così Alitalia sarebbe un disastro»

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Le ipotesi: fallimento e poi la riapertura con il drastico taglio del personale e delle linee

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Gigi Martini, responsabile del Trasporto aereo di An e membro della commissione Trasporti alla Camera, manifesta perplessità nel commentare le dichiarazioni del ministro Lunardi sul futuro della compagnia di bandiera, perché «di solito, quando si privatizza, si seguono altre procedure». E coglie l'occasione per ricordare che «anche quello di Mengozzi era un piano che prevedeva una privatizzazione e un buon accordo con Air France» e che «il decreto del Consiglio dei ministri è rimasto impantanato nelle commissioni Trasporti di Camera e Senato». La passione per il suo lavoro e l'affetto nei confronti dell'Alitalia (è comandante da 24 anni) lo fanno soffrire al pensiero di quello che potrebbe accadere se andasse in porto il progetto di acquisizione ventilato da Lunardi: «L'Italia rimarrebbe senza compagnia di bandiera». A suo avviso, a rilevare Alitalia sarebbe lo stesso gruppo di imprenditori del Nord-Est che si era fatto avanti un paio di anni fa, «imprenditori - dice - che hanno già una compagnia aerea che va male». Il riferimento di Martini è al progetto di acquisizione presentato da Alpi Eagles, in cui l'imprenditore Paolo Sinigaglia si era detto pronto a rilevare il 30% della compagnia. Oggi la cordata dei potenziali acquirenti sarebbe più consistente. Ad Alpi Eagles si aggiungerebbero infatti Volare e, in particolare, un gruppo argentino già presente nella compagnia, oltre ad una ventina di imprenditori del Nord-Est che avrebbero già incontrato il presidente di Alitalia, Giuseppe Bonomi, e un'istituzione finanziaria necessaria per sorreggere l'operazione. Secondo alcune ipotesi circolate, potrebbe trattarsi di Banca Antonveneta. La cordata sarebbe vista con particolare favore nelle file della maggioranza, soprattutto in quelle della Lega e di Forza Italia. Se il piano andasse in porto, per Martini ad Alitalia succederebbe esattamente quello che è successo a Swiss Air: «La compagnia, sovradimensionata e fortemente in perdita - dichiara il deputato di An - sarebbe fatta fallire e poi riaprirebbe solo con i dipendenti strettamente necessari e volando esclusivamente sulle linee produttive». Per Martini «è vergognoso che lo Stato stia buttando via la compagnia di bandiera in questo modo» e, come ulteriore prova di noncuranza nei suoi confronti, ricorda che «il governo italiano non ha mai dato ad Alitalia i 90 milioni di euro, autorizzati dal'Ue, come risarcimento dei danni subiti dopo l'11 settembre». Avendo ben presente questo quadro catastrofico, Martini si appella alle parti sociali: «Spero che i sindacati abbiano ben chiaro che il loro gioco di piena opposizione al risanamento dell'azienda potrebbe portare alla fine di Alitalia. Il numero di esuberi sarebbe ben maggiore dei 2.700 previsti dal piano Mengozzi (per i quali si troverebbero comunque delle soluzioni) e, in quel caso, i sindacati non avrebbero più alcuna arma per opporsi». Ma il deputato di An manda un messaggio anche alla Regione Lazio e alla Regione Lombardia, «che continuano a litigare a spese di Alitalia». «Le scelte se puntare su Fiumicino o su Malpensa - dice Martini - devono essere solo in funzione del business». Anche i sindacati bocciano l'ipotesi di privatizzazione. Per il segretario nazionale della Fit-Cisl, Claudio Genovesi, le dichiarazioni di esponenti di governo sul destino di Alitalia appaiono «frutto di improvvisazione e non fanno che aumentare le preoccupazioni tra i lavoratori». Per il segretario confederale della Cisl, Raffaele Bonanni, Alitalia non deve «essere svenduta». Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, l'unica soluzione passa attraverso il rilancio della compagnia. Intanto, per la vertenza sono giorni decisivi. In attesa del Consiglio di amministrazione di giovedì, che potrebbe ufficializzare le dimissioni dell'amministratore delegato, Francesco Mengozzi, oggi le sigle del trasporto aereo (Cgil, Cisl e Uil, Ugl di categ

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