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Crisi dell'industria, allarme di Sviluppo Italia Per salvare le aziende in difficoltà basta applicare la normativa europea sugli aiuti di Stato

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Eppure basterebbe applicare una normativa europea che consente gli interventi pubblici. Con questa lettera l'amministratore delegato di Sviluppo Italia Massimo Caputi fa appello al governo perchè intervenga e offre il suo contributo per promuovere la crescita industriale. Nella lettera indirizzata a Berlusconi, al vicepremier, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e a sette ministri (Frattini, Tremonti, Marzano, Alemanno, Buttiglione, Miccichè) Caputi indica la strada da seguire per uscire dal tunnel della crisi delle imprese. E non è vero che Bruxelles non ammette aiuti pubblici. Il numero uno di Sviluppo Italia ricorda che c'è una norma contenuta negli «Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà» del 9 ottobre 1999 che consente di «individuare - scrive Caputi - soluzioni compatibili con la legislazione europea in materia di aiuti pubblici». Caputi non nasconde che questa normativa è «complessa e presuppone per la sua applicazione, una specifica provvista finanziaria ed una forte integrazione di competenze da parte della amministrazioni centrali coinvolte». Nonostante questo però ci sono Paesi come la Francia che se ne sono serviti e con buoni risultati. La Francia, si legge nella lettera «ha più volte rivendicato a Bruxelles, il diritto di salvare il proprio tessuto industriale e ha ottenuto notevoli risultati». Basta guardare a come questo Paese ha affrontato crisi industriali di grandi proporzioni come quella della Bull e della Alstom «positivamente gestite grazie alla forte interazione tra i soggetti coinvolti e alla chiarezza della strategia». E sono proprio i casi del salvataggio della Bull e della ristrutturazione della Alstom a indicare come «nel rispetto della normativa comunitaria ci sia lo spazio per un intervento pubblico che vada nella direzione della salvaguardia dell'interesse nazionale pur evitandosi, con precise condizioni, il ritorno ad un deprecabile passato di intervento pubblico nell'economia caratterizzato da una sostanziale irreversibilità». In Italia invece cosa si è fatto? Molto poco, è la risposta che dà Caputi. «Dal 1999 si sono contati meno di una decina di casi di dimensioni molto contenute». Di qui la richiesta di Sviluppo Italia di «un incontro con il governo per esaminare le condizioni connesse ad un'applicazione più incisiva» della normativa in questione. L'obiettivo è quello di definire una strategia per prevenire, monitorare e affrontare in tempo utile situazioni di crisi che stanno mettendo a repentaglio ampi settori dell'apparato industriale del Paese». Ma in questa prospettiva Sviluppo Italia è pronta a fare la sua parte. Come? «È in grado di mettere a disposizione capacità operative per affrontare la presente congiuntura con strumenti confrontabili con quelli utilizzati dagli altri partner europei». Insomma è possibile intervenire nel pieno rispetto della normativa europea. L.D.P.

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