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Urso: marchi d'origine a difesa dei prodotti

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Ne è convinto il viceministro per le Attività Produttive Adolfo Urso, dopo aver partecipato a una cena con i suoi colleghi dell'UE, organizzata domenica a Bruxelles. La portavoce di quest'ultimo ha però avvertito che una legiferazione in tal senso non è ancora certa, e che, in alternativa, la Commissione Europea potrebbe proporre un'indicazione facoltativa d'origine per i prodotti extracomunitari venduti nell'UE. In ogni caso, l'eventuale normativa europea non proibirebbe il mantenimento dell'indicazione Made in Italy sui nostri prodotti esportati nel mondo. Secondo il viceministro Urso, domenica sera a Bruxelles una "larghissima maggioranza" di Paesi dell'UE è risultata favorevole alla seconda delle tre opzioni che la Commissione Europea ha provvisoriamente suggerito. "Dagli incontri informali e dalle telefonate che ho avuto, - ha detto ieri Urso - credo stia prevalendo l'ipotesi congeniale al nostro Paese, che richiede l'obbligo per tutti i prodotti importati di indicare l'origine (ad esempio Made in China, o Made in Russia), e la facoltà, come oggi, per quelli europei". Il Viceministro ha sostenuto che, in tal modo, non solo si proteggerebbero qualità e peculiarità dei prodotti italiani (a partire da quelli tessili), ma si garantirebbe anche ai consumatori l'informazione sull'origine della merce. Per Urso, una legislazione europea che imponga l'indicazione d'origine delle merci d'importazione è urgente, anche perché le altre due grandi potenze economiche mondiali, Stati Uniti e Giappone, ne hanno già una analoga. Per questo motivo, il viceministro è certo che, se adottata dal Consiglio UE, tale normativa asimmetrica non verrebbe giudicata incompatibile con le regole del WTO. La portavoce di Lamy, Arancha Sanchez, ha, però, precisato che, prima di formulare la necessaria proposta legislativa la Commissione continuerà il proprio studio di vantaggi e svantaggi.

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