Trichet: «Il supereuro pesa sull'export»

Nella sostanza, il numero uno dell'Istituto centrale ha ammesso per la prima volta il rischio di contraccolpi sulle esportazioni di Eurolandia, ma ha al contempo assicurato che, nonostante la moneta forte, il settore «continuerà a beneficiare» della ripresa economica generale. Una risposta diplomatica alle molteplici pressioni esercitate da imprenditori e politici dell'eurozona, preoccupati delle ripercussioni negative di un cambio su livelli di forza come quelli attuali. Finora, l'unico commento di Trichet in proposito risale al 18 dicembre scorso quando peraltro si limitò a rilanciare la formula di un euro «forte e stabile». In effetti, nonostante il supereuro, l'export europeo ha dimostrato per ora una buona capacità di tenuta grazie al traino dell'espansione generale dell'economia. Ma un'ulteriore ascesa dell'euro, che ha totalizzato nell'ultimo anno un guadagno del 21% sul dollaro, creerebbe giustificati timori sulla sostenibilità del sistema Eurolandia. Alla luce della cronica debolezza della domanda interna, ogni spunto di ripresa economica risulta affidato al buon andamento dell'export che rappresenta un quinto dell'economia, vale a dire circa il doppio rispetto agli Usa. Per ora la Bce sembra dunque privilegiare il contenimento dell'inflazione, continuando «a giudicare che l'attuale livello dei tassi sia appropriato a preservare la stabilità dei prezzi nel medio periodo». Tanto è bastato a far volare l'euro fino a un massimo di seduta di 1,2752 dollari dopo aver toccato martedì scorso il record di 1,2812. La moneta unica europea, che si mantiene sui massimi di giornata, potrebbe presto spingersi fino a 1,30-1,35 dollari, vale a dire la soglia di tollerabilità che, stando alle indiscrezioni, la Bce avrebbe individuato. La moneta americana continuerà a indebolirsi scontando tassi di interesse troppo bassi con la prospettiva di una stretta monetaria rinviata alla prossima estate, e i pesanti squilibri finanziari Usa. Questo mentre la maggiore competitività garantita dal dollaro debole fa gioco all'amministrazione Bush in un anno condizionato dalla campagna elettorale. In questo contesto, scarsa influenza hanno avuto sull'euro-dollaro l'aumento della disoccupazione tedesca (salita a dicembre al 10,4%), l'inaspettato incremento negli Usa delle richieste settimanali di sussidio di disoccupazione (a quota 353 mila), così come delle scorte all'ingrosso (+0,5% a novembre).