Welfare: in Italia sette milioni di poveri
In media, ogni nucleo familiare ha a disposizione meno di 823 euro al mese per sopravvivere. Di questo reddito, ben l'85% se ne va per i bisogni primari. La casa, il cibo, i vestiti e i trasporti sono, infatti, le voci più pesanti delle uscite mensili delle famiglie italiane. Se però, sui nuclei che dispongono di un reddito superiore agli 823 euro, queste spese incidono per il 70%, per le famiglie disagiate la somma di queste uscite arriva all'85%. Ben pochi margini rimangono per la soddisfazione di altre esigenze, non solo voluttuarie, ma anche fondamentali, come le spese mediche e l'istruzione. A queste due voci è destinato, infatti, appena il 2,8% della spesa mensile. Questi i dati che emergono dal rapporto 2003 della Commissione di indagine sull'esclusione sociale del ministero del Welfare. In particolare, casa e alimenti sono le voci di spesa più gravose per chi si trova alle soglie dell'indigenza. Secondo il rapporto del ministero del Welfare, il capitolo alimenti assorbe ben il 31,1% della spesa media mensile di una famiglia povera, pari a un terzo del totale. Percentuale che scende al 18,3% per le famiglie più ricche. L'altra spesa che incide in modo consistente sulle risorse delle famiglie meno abbienti è quella per l' abitazione, pari in media al 27,8% (contro il 23,2% dei nuclei familiari non poveri). Chi è povero, dunque, riversa su queste due voci quasi il 60% delle sue risorse, mentre per chi si trova in una fascia economica più alta è sufficiente il 41%. «Le precarie condizioni economiche delle famiglie povere -si legge nel rapporto del Welfare- fanno sì che meno frequentemente queste siano proprietarie dell'abitazione dove vivono e devono affrontare più spesso spese per l'affitto o per il pagamento di un mutuo». L'altra voce che incide di più sul bilancio delle famiglie povere sono i trasporti (11% della spesa, rispetto al 14,8% dei più ricchi). Sommando queste tre voci primarie, casa, alimenti e trasporti, si arriva ai due terzi della spesa mensile media delle famiglie povere. Per i più abbienti, queste tre voci rappresentano poco più della metà della spesa mensile. Il rapporto del ministero del Welfare sottolinea «il ristretto margine» a disposizione delle famiglie povere «per spese diverse dalle esigenze primarie, come il cibo e la casa». Le differenziazioni maggiori di spesa tra famiglie povere e non povere, infatti, riguardano soprattutto le voci non primarie, anche se importanti. Ad esempio, abbigliamento e calzature rappresentano il 7,1% della spesa media mensile per i non poveri e solo il 4,4% per i poveri. Così per mobili, elettrodomestici e servizi per la casa (rispettivamente 7% e 3,3%). Praticamente inesistenti, invece, i margini per alcune spese fondamentali. All'istruzione, per esempio, le famiglie povere destinano appena lo 0,4% del proprio reddito (1,3% per le famiglie più ricche) e alle spese sanitarie solo il 2,4% (rispetto al 3,7%). Secondo il rapporto 2003 sull'inclusione sociale del ministero del Welfare, la spesa sanitaria, però, varia molto a seconda della composizione della famiglia. Cresce, infatti, la quota destinata a cure e medicinali nei nuclei familiari numerosi o con la presenza di anziani. Sia per le famiglie povere che per quelle più abbienti, infatti, le spese sanitarie risultano in questi casi più elevate della media dei due gruppi (2,3% per i poveri e 3,7% per i non poveri). Fra i due comportamenti di spesa esistono, però, notevoli divari. Infatti un anziano che vive da solo, e che rientra nella categoria dei non poveri, spende per la salute fino al 5,5% del totale. Una quota che, per gli anziani indigenti e soli, invece, non supera il 3,9%. Quando, invece, il nucleo è costituito da una sola persona al disotto dei 65 anni la percentuale di spese sanitarie è identica sia per i poveri che per i non poveri: 2,5%. Nel caso di famiglie numerose, cambiano notevolmente le quote destinate alle cure mediche. Infatti le coppie povere con tre o più figli sp