Pensioni, mercoledì si parte dalla decontribuzione

Quella del 7 gennaio è la seconda tappa del percorso definito nell'ultimo vertice di Palazzo Chigi sulla riforma previdenziale. Dopo tanti mesi di «stop and go», infatti, il confronto governo-sindacati è ripreso il 29 dicembre scorso ed è servito a mettere sul tavolo con definitiva chiarezza le reciproche distanze a partire dal capitolo della delega relativo alla previdenza complementare. Ma sarà una corsa contro il tempo: già il 10 gennaio, infatti, Cgil, Cisl e Uil, da un lato e governo, dall'altro, dovranno decidere se ci sono le condizioni per aprire un vero e proprio negoziato. La settimana successiva, infatti, il ddl uscirà dalla fase di «ibernazione» per ricominciare il suo percorso al Senato. Così almeno ha assicurato più volte il ministro del Welfare Roberto Maroni, deciso a portare a casa la riforma entro il 31 gennaio. All'orizzonte non si vedono realistici spiragli per una possibile intesa nè da parte degli uni, nè degli altri. Sul fronte sindacale appare emblematico il pessimismo del leader della Uil, Luigi Angeletti: «Non credo - ha detto ieri - che ci siano molte probabilità di firmare un accordo». Sul versante governativo, Roberto Maroni, invece, non si sbilancia sull'esito del confronto ma auspica che l'accordo possa essere raggiunto. Gianni Alemanno sceglie l'ottimismo. E il 7 gennaio si parlerà dunque di decontribuzione. Un tema al centro da sempre di un testa a testa sindacati-Confindustria con i primi nettamente contrari, la seconda altrettanto decisa a difenderla. Finora comunque su un punto gli esponenti dell'esecutivo concordano con il sindacato: fino al 10 gennaio ogni riunione non servirà ad altro che a tastare meglio il terreno, a capire senza «equivoci e pregiudiziali» (come ha detto il viceministro del'Economia, Mario Baldassarri) le reali posizioni di merito. Non è partita alcuna trattativa insomma, ma si susseguonoo faccia a faccia per capire e ancora spiegare da un lato perchè i sindacati continuano a dare battaglia; dall'altro perchè il governo non è disposto a ritirare la delega scritta ormai moltissimi mesi fa. Uno stand bye che ora il governo non sembra intenzionato ad accettare oltre. Anche se si rincorrono voci su una possibile trattiva parallela guidata dal numero uno della Cisl che faccia slittare il confronto sulla riforma previdenziale a il dopo-elezioni e quindi a giugno. Trattativa parallela smentita con forza da stesso Pezzotta. L'incontro sul Testo Unico della previdenza, fissato per il 30 dicembre, intanto, è saltato.