LO SCORSO anno il premio Nobel per l'economia è stato conferito al professor Daniel Kahneman.
Kahneman è stato il primo ad aver introdotto con rigore scientifico i principi della ricerca psicologica nello studio delle teorie economiche, "specialmente per quanto riguarda la capacità umana di operare scelte e decisioni in situazioni di incertezza". Si legge nei suoi studi: "Il grado di soddisfazione delle persone dipende più dalla loro esperienza soggettiva che dalla oggettiva realtà, secondo il modello razionale dell'economia. I risparmiatori non si comportano necessariamente da individui razionali; dunque non sempre le loro decisioni finanziarie sono razionali, nella accezione del termine condivisa dalla maggior parte degli economisti. I motivi psicologici - inclusi pregiudizi ed emozioni - influenzano maggiormente il comportamento economico delle persone". In altre parole le decisioni di investimento "dovrebbero" essere razionali, ma sono spesso guidate da altre motivazioni. Una chiara conferma di questa teoria si ha valutando la percezione emotiva (e dunque il comportamento) del risparmiatore al variare dei cicli di Borsa. Quando i mercati sono ormai da tempo nel territorio del toro dominano i seguenti sentimenti: ottimismo, divertimento, eccitazione. Quando il listino raggiunge il suo apice - nel punto di massimo rischio finanziario - è l'euforia a dominare i comportamenti. A quel punto inizia il ciclo di contrazione. Nelle settimane successive ai primi sentimenti di ansia subentra la negazione. Il risparmiatore è convinto si tratti solo di una crisi temporanea e si sente al sicuro per aver effettuato un investimento di lungo periodo. La posizione è corretta, anzi ineccepibile. Purtroppo, però, dura poco. La paura prende il posto della "razionalità" e si scivola nella rassegnazione e nell'abbattimento, nella convinzione che i mercati finanziari siano ormai da evitare a tutti i costi, siano senza futuro. Questo in genere avviene nel punto di minimo, ovvero là dove ci sono le migliori opportunità di investimento! Quando lentamente la depressione lascia il posto alla speranza, al sollievo e, infine, all'ottimismo i mercati sono ormai in ripresa da tempo e il risparmiatore si è già lasciato alle spalle una fetta considerevole di possibili guadagni. Questo atteggiamento è condiviso - e in qualche modo sollecitato - anche dai giornali. Nel settembre 1973, l'anno della prima crisi petrolifera e delle domeniche a piedi, il Corriere della Sera titolava: "Prevale l'assenza dei compratori"; stesso messaggio sulle colonne del Sole 24 Ore: "Sembrano esserci solo venditori". A novembre il tono sembrava ancora più drammatico: "Venerdì nero a Wall Street (Corriere); "Remi in barca in attesa di giorni migliori" (Settegiorni). A due anni di distanza, nel luglio '75 i mass media non avevano ancora cambiato registro: "Si sviluppa il mercato dei Bot la Borsa è stremata" titolava il Sole 24 Ore. Ebbene, effettivamente nel '73 la Borsa ha avuto un calo del 40 per cento. Ma dal '75 in poi ha iniziato un periodo di robusta crescita che le ha permesso, nei cinque anni successivi, di mettere a segno un progresso del 191 per cento. Eppure, ad ottobre, ancora i quotidiani si ostinavano a sottolineare solo gli aspetti negativi dei mercati. Questo atteggiamento si è riproposto nel 1987. Il 20 ottobre il Corriere della Sera sceglieva il seguente titolo di apertura: "Crolla Wall Street peggio che nel '29". "Addio ai soli" ribadiva la Notte a titoli cubitali. Effettivamente in quei giorni ci fu un improvviso e drastico calo, dettato essenzialmente dal panico. Ma quella fase di ribassi, che in molti dipinsero (e ancora oggi dipingono) come un crollo, portò in fin dei conti a una perdita complessiva di 20 punti percentuali. La precedente fase di sviluppo aveva permesso di mettere a segno una crescita addirittura del 372 per cento; quella successiva si era concretizzata in un ulteriore balzo del 52 per cento. Daniel Kahneman ha dunque ragione: le decisioni che la massa dei risparmiatori prende sono spesso sbagliate, fuorviate anche dal linguaggio dei quotidiani che, in presenza