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Stato-Regioni, chiarita la divisione delle competenze

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Le sentenze nn. 302 e 303 emesse in data 1 ottobre 2003 dalla Corte Costituzionale possono a buon titolo considerarsi degli eventi «storici» nel quadro della distribuzione di competenze e poteri statali e regionali in materia di opere pubbliche. Infatti, entrata in vigore la riforma dell'ottobre 2001 del titolo V della Costituzione, erano insorti dei notevoli problemi interpretativi ed applicativi in merito alla collocazione sistematica alla portata ed ai limiti, rispetto alle Regioni, delle preesistente normativa statale. In particolare, con la sent. n. 302 la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità delle norme dei D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34 (sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici) e 21 dicembre 1999 n. 554 (regolamento di esecuzione della legge Merloni) nella parte in cui estendevano la propria area applicativa alle Regioni, anche a statuto speciale ed alla Province autonome di Trento e Bolzano. La Corte Costituzionale ha dunque aperto la strada alla proliferazione di norme, tecniche e non, di esecuzione e di sistemi di qualificazione differenziati da Regione a Regione, il tutto con una forte valorizzazione della rinnovata autonomia legislativa degli enti territoriali intermedi. Tuttavia è la sent. n. 303, resa su una molteplicità di profili della legge 21 dicembre 2001 n. 443 e ss. mod. (la c.d. "legge obiettivo") ad attirare un particolare interesse degli operatori del diritto. La Corte, infatti, ha in primis affermato che anche nella nuova architettura dei poteri legislativi siano individuabili dei meccanismi di flessibilità che soddisfino, nei vari settori, l'esigenza di unificazione in capo allo Stato direttamente discendente dai principi di unità ed indivisibilità della Repubblica. In tal senso, sovvengono i principi di sussidiarietà ed adeguatezza, a mente dei quali una deroga in favore dello Stato al riparto di competenze costituzionalmente fissato è possibile a condizione che essa risulti proporzionata, ragionevole e concordata, tanto prima quanto dopo l'intervento, con la Regione interessata. Fondamentale è la successiva precisazione per cui la mancata inclusione dei lavori pubblici nell'elencazione dell'art. 117 non implichi la loro attrazione nella competenza legislativa residuale regionale, ma significhi soltanto che essi non integrino un'autonoma materia, dovendo qualificarsi, di volta in volta, a seconda dell'oggetto cui afferiscano.

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