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QUANDO il lavoratore si dimette ha diritto all'indennità di disoccupazione, se le dimissioni sono per giusta causa.

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Con una recente circolare, l'Inps evidenzia le motivazioni che, sulla base di quanto finora indicato dalla giurisprudenza, possono dar luogo alle dimissioni per giusta causa. Nel decalogo dell'Ente di previdenza si legge che l'indennità di disoccupazione può essere riconosciuta al lavoratore che si licenzia in caso di mancato pagamento della retribuzione; qualora abbia subito molestie sessuali sul luogo di lavoro; se le sue mansioni lavorative sono state modificate in maniera peggiorativa; in caso di mobbing, inteso come crollo dell'equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori o dei colleghi; in caso di una notevole variazione delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell'azienda; in caso di spostamento del dipendente ad altra sede di lavoro, senza valide motivazioni; in caso di comportamento ingiurioso da parte del superiore. In tutti i casi elencati, e soltanto in tali casi, chiarisce l'INPS, può essere riconosciuto al lavoratore il diritto all'indennità di disoccupazione il quale, però, dovrà necessariamente corredare la domanda con documentazione che dimostri che da parte sua c'è la volontà di difendersi in giudizio nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d'urgenza ecc.). Il lavoratore, inoltre, deve impegnarsi a comunicare l'esito della controversia: l'Inps, infatti, riconosce provvisoriamente l'indennità di disoccupazione, fino alla comunicazione dell'esito della controversia con il datore di lavoro. Se tale esiti dovesse risultare negativo nei confronti del lavoratore, cioè non viene riconosciuta la giusta causa, l'Ente procederà al recupero di quanto pagato a titolo di indennità di disoccupazione, come già avviene in caso di reintegro al lavoro dopo un licenziamento ritenuto illegittimo. Il diritto all'indennità di disoccupazione si acquisisce con almeno due anni di assicurazione e almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro: in questo caso l'indennità spetta per un periodo di 180 giorni. Dal 1° gennaio 2001 può durare fino a nove mesi se il disoccupato ha superato i 50 anni di età. L'importo è pari al 40% della retribuzione percepita nel trimestre precedente il licenziamento, ma non può superare determinati limiti stabiliti dalla legge ogni anno. La domanda va presentata all'Inps entro 68 giorni dal licenziamento. Ai lavoratori che non possono far valere almeno 52 settimane di contribuzione nell'ultimo biennio non può essere riconosciuta l'indennità ordinaria. Se però hanno un'anzianità assicurativa per la disoccupazione da almeno due anni e almeno 78 giornate di lavoro nell'anno precedente (comprese festività e giornate di assenza indennizzate, ad esempio per malattia, maternità ecc.), possono avere diritto ad una indennità per un numero di giornate pari a quelle effettivamente lavorate nell'anno precedente, per un importo nei limiti del 30% della retribuzione di riferimento. Anche in questo caso non possono essere superati gli importi massimi stabiliti dalla legge. La domanda con i requisiti ridotti va presentata all'Inps entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello in cui si è verificata la disoccupazione.

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