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Allarme Bankitalia: economia in frenata

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Le esportazioni calano perché il made in Italy è troppo caro. Le imprese sono poco innovative

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L'analisi del vice direttore generale della Banca d'Italia, Pierluigi Ciocca, sui problemi di crescita del sistema Italia è impietosa. «Dal 2001 la crescita è stata zero» ha rilevato Ciocca sottolineando che «può regredire. E vi sono numerose ragioni, come il debito pubblico, il sistema pensionistico, la struttura per età e la dinamica regressiva della popolazione, i divari personali e territoriali di reddito per ritenere che lo scenario involutivo, movendo dallo sviluppo zero sia più probabile per l'Italia». C'è poi il minor contributo dei consumi, privati e pubblici, con le esportazioni nette incapaci di compensare. Una situazione aggravata - secondo Ciocca - da numerosi fattori di ristagno, come il debito pubblico «gravosissimo lascito di una lunga stagione di irresponsabilità politica e finanziaria», l'arretratezza delle infrastrutture, fattasi «più pesante», «la frammentazione del sistema delle imprese e l'incapacità della piccola impresa di accrescere la propria dimensione», fino ad arrivare ai ridotti livelli di concorrenza. «Il sostegno della spesa pubblica, la cedevolezza del cambio, la dinamica salariale accomodante - ha spiegato il vice direttore generale della Banca d'Italia - hanno indebolito la sollecitazioni all'efficienza e alla innovazione. Ma il mal di crescita dell'economia italiana non si basa su soli fattori endogeni. A complicare il quadro c'è la concorrenza di Paesi come Cina ed India «propensi ad esportare beni di consumo che l'Italia produce e ad importare beni capitali che l'Italia non produce». «Il limite del made in Italy è nei prezzi alti» - ha avvertito - ma è anche nella qualità, nella composizione merceologica, nel vecchio modello di specializzazione. Dall'analisi Ciocca deriva alcune «linee guida» per il superamento del ristagno: «rafforzamento della struttura produttiva, alleviamento dei pesi che gravano sull'azienda Italia, sollecitazione concorrenziale ai produttori in un migliorato clima di aspettative». Ma anche «riequilibrio dei conti pubblici attraverso interventi di riforma, ammodernamento di infrastrutture e reti anche nel quadro di grandi progetti su scala europea, riscrittura del diritto dell'economia, promozione della concorrenza in senso dinamico e correzione degli squilibri territoriali e distributivi». Una cura d'urto in grado - assicura il vice direttore generale della Banca d'Italia - di garantire immediati e duraturi benefici: un ritmo di crescita compreso fra il 2,5 ed il 3%, un punto in più almeno rispetto alla crescita registrata nel periodo 1993-2002 (1,6% l'anno). Secondo il ministro delle Comunicazioni il made in Italy si salva rivedendo il patto di stabilità. E siccome il problema è comune a tutta l'Europa «in un consesso europeo, senza fare i primi della classe, si può pensare a come correggerlo e a quale flessibilità dargli. Soprattutto ora in nua fase di stagnazione economica».

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