Industria in affanno, ordini al lumicino
Confindustria in allarme. Per D'Amato «invece degli scioperi è il momento delle riforme strutturali»
E tra i diversi settori, se quello dell'energia è stato uno dei pochi in grado di portare a casa degli introiti, in quello di tessile e abbigliamento ad agosto è stata crisi nera. Ad agosto scorso l'industria italiana ha accusato un vero e proprio crollo degli ordinativi (-11,6% rispetto ad un anno prima), addirittura il peggiore da 20 mesi a questa parte, ovvero a dicembre 2001, quando si registrò una contrazione degli ordini di addirittura il 13,5%. E allora era al massimo l'effetto negativo seguito agli attacchi terroristici dell'11 settembre. Il dato di agosto, tuttavia, è solo l'ultimo di una scia di numeri preceduti dal segno meno che ha percorso finora tutto il 2003: per ritrovare un aumento degli ordinativi bisogna infatti tornare a dicembre 2002 (+6,2%). Durante tutto quest'anno, infatti, i dati tendenziali per gli ordini sono stati sempre negativi, con due bruschi cali a marzo (-9%) e a maggio (-9%), totalizzando una flessione complessiva del 5,4% nell'arco dei primi otto mesi rispetto allo stesso periodo del 2002. Il crollo degli ordini di agosto è da imputare soprattutto alla contrazione della domanda nazionale (-13,7%), il dato più negativo dal dicembre 2001 (-15,3%). Leggermente più contenuto, invece, il calo degli ordini dall' estero (-7,7%). Certamente non migliore è stata poi la situazione del fatturato delle aziende. Sempre su base tendenziale le vendite di agosto sono scese del 5,4%, eguagliando il dato negativo di maggio scorso, ovvero il peggiore da giugno 2002 (-5,9%). Per trovare un incremento del giro d'affari bisogna comunque tornare a giugno 2003 (+0,9%) e a gennaio (+1,3%). Tra i diversi settori, la diminuzione più consistente in termini di fatturato l'hanno segnata le industrie tessili e dell' abbigliamento (-21,1%), quelle della lavorazione di minerali non metalliferi (-14,4%) e delle pelli e calzature (-13,1%). Migliori, invece, le sorti delle imprese che lavorano nei settori delle estrazioni dei minerali (+33%), nella produzione di mezzi di trasporto (+14,3%) e nelle raffinerie di petrolio (+8,7%). Il presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Bruno Tabacci non è sopreso e sostiene che si tratta di una «tendenza generale che riguarda la stasi della produzione industriale in Europa e in Italia in modo particolare a causa di condizioni di competitività che si sono andate via via indebolendo negli ultimi anni». In allarme invece i sindacati e la Confindustria. Per il presidente degli industriali D'Amato «invece degli scioperi occorrono subito riforme strutturali per far ripartire l'economia». La Cisl chiede interventi di rilancio. CRitico il segretario dei Ds Fassino: I datidimostrano che «siamo in uno stato di stagnazione produttiva tendente alla recessione senza uno straccio di politica economica».