Cade il monopolio delle Borse sui titoli
Banche e società d'intermediazione potranno vendere e comprare direttamente azioni quotate
Il testo di compromesso - elaborato dalla presidenza italiana ed adottato ieri dall'Ecofin, presieduto dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti - fa infatti cadere il principio in base al quale tutte le contrattazioni di strumenti finanziari devono obbligatoriamente passare per i mercati regolamentati. In alcuni paesi Ue - come ad esempio la Gran Bretagna - tale vincolo non esiste già da tempo. Ciò significa che gli altri operatori, come le banche o le società di intermediazione mobiliare, possono vendere e comprare direttamente azioni quotate. L'obbligo di passare per i mercati regolamentati invece è tuttora rigidamente applicato in altri paesi europei, come l'Italia e la Francia. La direttiva, come spiegato ieri dal commissario Ue per il mercato interno Frits Bolkestein, mira a semplificare la raccolta di capitale da parte delle imprese quotate, aumentando la concorrenza nel settore a beneficio dei consumatori. Nonostante gli sforzi di mediazione dell'Italia, sul testo non si è potuto raccogliere il consenso di tutti i governi Ue. Cinque paesi - Gran Bretagna, Irlanda, Svezia, Finlandia e Lussemburgo - hanno infatti votato contro la direttiva. Non abbastanza per fermare l'accordo politico, ma sufficienti a dividere l'Ecofin. Lo scontro si è consumato principalmente sull'articolo 25 in cui si stabiliscono alcuni principi per la tutela dei piccoli investitori. Questi ultimi - secondo Italia e Francia - rischierebbero di essere danneggiati qualora gli standard di trasparenza nelle negoziazioni finanziarie, attualmente garantiti dalle severe norme che regolano le borse, venissero meno. La direttiva prevede così l'obbligo per banche e intermediari finanziari di rendere noto il prezzo a cui sono disposti a vendere o comprare un titolo. Alcune grandi banche - soprattutto quelle operanti nella City londinese - si sono fermamente opposte a questo principio di trasparenza, lamentandosi degli eccessivi costi che esso comporterebbe. Una posizione appoggiata da Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Irlanda e Lussemburgo, ma respinta da Italia e Francia. Unica eccezione strappata da Londra, è stata quella di ottenere che l'obbligo di trasparenza venga meno per le transazioni che coinvolgano grandi somme.