Africa e Asia fanno fallire il vertice Wto
A provocare il fallimento del vertice, la ferma opposizione dei Paesi africani e di alcuni Paesi asiatici proprio sulle questioni di Singapore. Dopo che nella bozza di dichiarazione finale erano stati già stralciati due dei quattro temi, il negoziatore europeo, Pascal Lamy, avrebbe proposto di andare avanti almeno su uno, ma gli africani e parte degli asiatici hanno detto che sarebbero tornati all'apposito tavolo delle trattative soltanto alle proprie condizioni. A quel punto, il mediatore del tavolo, il kenyano Mukhisa Kituxi, ha annunciato il collasso delle trattative. Sono stati momenti febbrili: come sottolineato dal ministro delegato al Commercio Estero, Adolfo Urso, la Ue ha chiesto la prosecuzione del vertice, facendo appello agli altri paesi a manifestare la stessa responsabilità che l'Europa sta dimostrando. «Abbiamo convocato con urgenza, d' intesa con la Commissione, la riunione del Consiglio Europeo per valutare la situazione di crisi che si è manifestata sull'andamento del negoziato e che è da imputare alla rigidità manifestata da alcuni paesi sui temi di Singapore - ha spiegato Urso - da una parte i Paesi africani decisamente contrari, dall'altra la Corea decisamente favorevole». Un appello a non abbandonare i lavori è venuto anche dal capo della delegazione Usa, il segretario al commercio Robert Zoellick. La situazione era apparsa già critica prima dell'annuncio, ufficioso, del fallimento del vertice: dopo oltre 24 ore di discussioni le posizioni dei rappresentanti dei 148 paesi della Wto erano ancora molto distanti sulla bozza di dichiarazione finale presentata ai delegati. Sui tavoli, il tema principale era rimasto quello agricolo, visto che la stragrande maggioranza dei paesi (e tutti quelli in via di sviluppo) è ad economia agricola. In discussione gli aiuti forniti all' agricoltura che i G21 (alleanza guidata dal Brasile) avrebbero voluto vedere eliminati del tutto, sia pure in taluni casi gradualmente. L'Europa in questo caso sarebbe colpita due volte: dal lato del sostegno interno (tagli giudicati inaccettabili dopo la riforma della politica agricola comune) e dal lato del sostegno all' export, mentre gli Stati Uniti, dopo aver mollato Bruxelles sull'accordo quadro raggiunto ad agosto si vedrebbero toccare solo i crediti all' export. In discussione era anche la tutela dei prodotti di qualità (particolarmente cari all' Italia, tema sul quale si era incrinato il fronte dei paesi oppositori. Cruciale poi, come detto, la discussione sui cosiddetti temi di Singapore (concorrenza, investimenti, trasparenza degli appalti e facilitazione al commercio): erano stati stralciati i primi due, ritenuti importanti dall' Europa ma fortemente osteggiati dai paesi in via di sviluppo, mentre le trattative sono andate avanti sugli altri, ritenuti più vicini agli interessi americani. Su tutto il pacchetto, comunque, è pesato il veto dell' India che, come a Doha, dove rischiò di far fallire il vertice, ha chiesto venissero negoziate anche le modalità delle trattative. Sulle tariffe industriali è stato ripreso in larga parte il documento Usa-Ue-Canada che prevedeva un calcolo matematico per la riduzione dei picchi tariffari. Ma nel testo della dichiarazione mancava la parte riguardante l'armonizzazione delle tariffe (che Cina e India non vogliono) e sono state inseriti forti margini nelle differenze tariffarie (fino al 10%) venendo incontro alle richieste dei paesi in via di sviluppo e degli Usa ma scontentando così l'Europa.