Gli stipendi crescono meno dell'inflazione
Secondo l'Ires-Cgil nelle buste paga dei lavoratori nel 2003 mancano in media 220 euro
Ma l'incremento deve fare i conti con l'inflazione che corre più velocemente. Buste paga più pesanti dunque il mese scorso. La crescita registrata -come rileva l'Istat- è stata del 2,1%, rispetto allo stesso periodo del 2002, a fronte di un tasso di inflazione che si attesta su un +2,7%. Per ritrovare lo stesso livello di crescita bisogna tornare a luglio 2000. E' certo il risultato più alto da febbraio scorso (+2,2%), superiore all'1,7% di giugno. «La crescita - come spiega l'Istituto nazionale di statistica - è dovuta principalmente agli aumenti tabellari previsti da alcuni contratti già in vigore (come per i dipendenti delle autorità bancaria centrale e dei servizi portuali), e ai miglioramenti economici previsti in alcuni contratti recepiti a luglio». Degli otto contratti recepiti a luglio, sei di questi prevedono contestuali miglioramenti economici. A beneficiare degli aumenti i giornalisti, i dipendenti dell'industria alimentare e olearia, quelli degli alberghi e dei pubblici esercizi, quelli dei servizi di polizia e quelli dei Ministeri. Per i restanti due contratti, ovvero quelli dei lavoratori delle poste e delle telecomunicazioni, gli aumenti in busta paga si faranno sentire dai prossimi mesi. Infine, sempre a luglio, ha inciso anche il pagamento di vacanza contrattuale ai dipendenti delle case di cura private. In caso non ci siano nuovi aumenti e contratti, l'aumento delle retribuzioni nel 2003 rispetto al 2002 sarà pari al due per cento. Questa la stima dell'Istituto che è fatta sulla base della dinamica registrata nei mesi precedenti e dei contratti in vigore a fine luglio 2003. Ma tornando al gap tra buste paga e crescita dei prezzi, mentre il vice ministro alle Attività produttive con delega al Commercio estero, Adolfo Urso, dichiara che «il dato sulle retribuzioni è sicuramente positivo e può tranquillizzare i lavoratori e le famiglie sul fatto che il loro potere d'acquisto non è diminuito». L'Ires-Cgil risponde, invece, che la perdita del potere d'acquisto c'è e «si aggirerà intorno allo 0,9-1%, con un danno calcolato in circa 220 euro». Sulla stessa lunghezza d'onda il segretario generale dell'Ugl, Stefano Cetica, che dice: «Le retribuzioni, ormai da tempo, non tengono il passo dell'inflazione reale».