Mediobanca, industria alla svolta
Non è detto però che questi segnali andranno a coinvolgere già quest'anno l'intera economia. Così una ripresa robusta è attesa solo per il 2004. Questo il quadro che emerge dall'annuario «Ricerche e Studi 2003» sui grandi gruppi italiani, nella ventottesima edizione curata dal gruppo Mediobanca. Dalla fotografia di un anno da dimenticare, se si guarda ai risultati netti e ai fatturati, arriva la conferma di un sistema industriale italiano sempre indebitato, molto più del resto d'Europa, e fragile dal punto di vista finanziario. Il volume di 1.374 pagine raccoglie i dati di 50 raggruppamenti (35 industriali, 10 bancari e 5 assicurativi) classificati pari a oltre il 90% della Borsa in termini di capitalizzazione, capitale investito e valore aggiunto. Oltre alle società quotate a Piazza Affari l'indagine ha riguardato anche quattro holding non quotate: Aurelia (gruppo Gavio), De Agostini, Edizione Holding, Fininvest. Tra le new entry nella classifica dei big di quest'anno Asm Brescia, Cattolica Assicurazioni, Premafin e Sirti. Sono invece state eliminate dalla versione cartacea le schede di Brembo, Cremonini, Gruppo Coin e Interpump. Il 2002 si è chiuso nel complesso, per le società che nell'annuario rappresentano l'industria con un fatturato in calo del 2% (da 273,1 a 267,7 miliardi di euro) a causa della congiuntura negativa, spiegano gli economisti di R&S, ma è sull'utile netto (in calo del 38% a 6,5 miliardi di euro) che si notano le ripercussioni più consistenti perchè influenzate da oneri straordinari: la discesa delle Borse ha reso necessarie consistenti svalutazioni degli investimenti azionari. Il trend negativo del risultato netto (il 2001 a sua volta si era chiuso con un calo del 27% a 10,4 miliardi contro i 14 miliardi del 2000) sembra comunque essersi interrotto: nel primo trimestre 2003 infatti - secondo l'indagine trimestrale R&S - vi è stata una ripresa dell'utile, il 69,5% in più per le società del Mib30 rispetto all'analogo periodo dell'anno precedente, dovuto alla ripresa del fatturato (+3,5%) e al venir meno degli oneri straordinari. L'utile corrente (che comprende costi e ricavi straordinari) si è ridotto del 6% (-16% nel 2001). Una sottolineatura a penna rossa viene attribuita a chi ha chiuso il 2002 con un risultato corrente negativo (Ifi-Fiat, Alitalia, Cirio, Pirelli e C, Snia, Rcs e Gemina), segno blu per quelli che hanno visto una decisa contrazione dell'utile corrente (Eni 9%), Enel (-24%), Edison (-67%). C'è anche chi, in quest'anno di crisi, è riuscito invece a migliorare i propri margini come Olivetti (+64%), Finmeccanica (più che raddoppiati), Cofide (da 88 a 207 milioni) e Autostrade (+20%). Il sistema industriale italiano appare come il più indebitato in Europa (dove la media è del 77%).