La Cirio a un passo dalla liquidazione
Lo spettro della liquidazione si è riaffacciato in tutta la sua drammaticità. Fino a notte fonda, tanto è durato il consiglio d'amministrazione che ha concluso una giornata di febbrili trattative, i giochi sul futuro del gruppo alimentare sono rimasti aperti. L'assemblea è stata aggiornata alle 17 di dopodomani. A far precipitare la situazione è stata la bocciatura del piano di ristrutturazione di Livolsi, advisor del gruppo, da parte delle assemblee di quattro emissioni obbligazionarie della Cirio su un totale di sette. In sostanza non è stata raggiunta la maggioranza del 75% richiesta dalla legge inglese per dare il via libera al piano. Nel primo pomeriggio è apparso quindi chiaro a tutti che il salvataggio della Cirio veniva rimesso in discussione e bisognava integrare il piano in modo da offrire agli obbligazionisti migliori condizioni di rimborso per ottenere il loro via libera. Ma questo vuol dire un maggior impegno delle banche. E proprio sul contributo degli istituti maggiormente esposti nei confronti del gruppo alimentare (Banca Intesa, Bnl, Capiitalia e San Paolo Imi) che ieri si sono concentrate le trattative tra queste banche, i vertici Cirio e Livolsi. In serata il consiglio d'amministrazione ha fatto il punto della situazione e ha esaminato tutte le ipotesi per uscire dall'impasse e evitare la liquidazione. L'ultima carta di Livolsi Ed è stato proprio a fine giornata che Livolsi ha tirato fuori dalla manica l'ultimo asso. Il nuovo piano che ha proposto alle banche prevede l'entrata in campo del gruppo Euroconserve con un investimento di 50 milioni mentre l'impegno delle banche sarebbe fino a 80 milioni. Il piano prevede la rinuncia da parte delle banche di parte dei crediti. L'ipotesi però non è piaciuta agli istituti. Di qui quindi la decisione da parte dei vertici della Cirio nel cda di prendere più tempo per migliorare le proposte tenendo conto della posizione delle banche. Resta in piedi invece l'offerta di Euroconserve. Il gruppo guidato dall'amministratore delegato Carlo Ronchi si trova a Pontelangorino di Codigoro, in provincia di Ferrara. Lo stabilimento è capace di trasformare 60.000 tonnellate di pomodoro per produrre concentrato in fusti a destinazione industriale per essere utilizzato come ingrediente in salse, sughi, ketchup ed altri prodotti simili. È costato 8 milioni di Euro. È un impianto prototipo che può essere raddoppiato, pensato sul modello californiano con strutture che operano stagionalmente, in maniera molto intensa. Altri pretendenti alla porta Fra le parti interessate alle attività della Cirio è tornato ieri a farsi sentire Vincenzo Divella, proprietario con il cugino Francesco dell' azienda barese di pasta: «Confermo la manifestazione d'interesse per Cirio finanziaria fatta già dal febbraio scorso dal gruppo Divella, siamo in attesa di essere convocati», ha detto Divella, aggiungendo che «leggiamo di cordate come quella di Ronchi e non comprendiamo il perchè della mancanza di convocazione». Preoccupazione negli stabilimenti Intanto i circa 800 lavoratori dello stabilimento di Caivano provincia di Napoli, fra poco impegnati nella campagna di trasformazione del pomodoro, hanno appreso con sgomento della bocciatura del piano di salvataggio. «La priorità - ha detto il segretario generale della Flai-Cgil Campania, Franco D'Angelo - rimane quella di salvare la campagna di trasformazione del pomodoro, oramai alle porte». E a far sentire la propria voce è oggi tornata Assorisparmiatori, che lamentando l'assenza delle banche alle assemblee londinesi auspica l'amministrazione straordinaria e l'azione legale nei confronti degli istituti di credito che hanno collocato i Cirio-bond fra i risparmiatori.