Le sigarette italiane parleranno inglese
Ora nell'agenda della compagnia i rapporti con Philip Morris per produzione e distribuzione
È stata la Bat, o meglio la cordata capeggiata dal colosso anglo-americano del tabacco, a vincere la gara per l'Eti battendo la concorrenza della franco-spagnola Altadis e della cordata made in Italy guidata da imprenditori associati. Per gli altri due consorzi non c'è stato nulla da fare: l'offerta della Bat era la più vantaggiosa. Il Tesoro, dal canto suo, porta a termine in meno di un anno (il bando di privatizzazione risale al 30 luglio 2002) una operazione complessa e incassa un assegno da 2,325 miliardi di euro: una cifra che, una volta completate le procedure, verrà girata al fondo di ammortamento dei titoli di Stato e, quindi, utilizzata per la riduzione dello stock del debito pubblico. Per il ministero dell'economia, oltre all'introito, c'è la soddisfazione di aver messo a segno la seconda operazione di privatizzazione in meno di un anno. A dicembre 2002 era stata la volta dell'addio alla Telecom, con la cessione sul mercato del 3,5% che era ancora in mano del tesoro. Ieri invece, si è celebrata l'uscita dal «tabacco di stato». Dallo «scrigno» di Via XX Settembre (che conserva ancora gioielli come il 30% dell'Eni, il 68% dell'Enel e il 32% di Finmeccanica) esce un pezzo pregiato di old economy capace di produrre utili e dividendi per il Tesoro (solo l'anno passato ben 46,9 milioni di euro, una piccola parte dei 2,1 miliardi di euro incassati tra il 1999 e il 2002 tra residui attivi, dividendi e plusvalenza per la vendita delle attività non-core). Si capisce quindi la soddisfazione della Bat. Per il gruppo anglo-americano si tratta di un bel salto: in un colpo solo acquisisce il 26% del mercato italiano, che sommato al 5% già controllato attraverso i propri brand (tra cui Lucky Strike, Pall Mall, Rothmans, Dunhill, Cartier, e Kim) vuol dire superare il 30% del totale. Passo in avanti decisivo, anche se la Philip Morris con oltre il 60% del mercato italiano, rimane ancora lontana. Proprio i rapporti con il gruppo americano saranno ora la questione centrale che occuperà l'agenda dei vertici Bat nelle prossime settimane. A Philip Morris, titolare di un contratto di distribuzione e uno per la produzione che costituiscono nei fatti buona parte del valore dell'eti, è riconosciuto un diritto di gradimento sul futuro acquirente della società, in mancanza del quale la multinazionale ha la facoltà di recedere dai contratti. Ora bisognerà vedere quali margini esistono per una composizione dei reciproci interessi. Se la Philip Morris decidesse di rescindere i contratti, per l'Eti si tratterebbe di perdere un contributo al mol di circa il 15/20%. Senza dubbio un duro colpo che la Bat, comunque, aveva già messo in conto.