IN ITALIA la previdenza privata è sempre stata considerata "integrativa".

Negli ultimi anni il brusco risveglio. Il nostro Paese, consapevole del ritardo accumulato rispetto alla maggior parte delle nazioni più sviluppate ha cominciato a sollevare il problema e ad avviare una politica di riforme che, secondo tutti gli esperti del settore, sarebbero solo all'inizio anche se a molti sono già sembrate stringenti. Basti un dato al riguardo. Di recente l'Istat ha dichiarato che in Italia nel 2050 la popolazione degli ultra sessantacinquenni avrà raggiunto i 18 milioni di unità. In precedenza, invece, si stimava che potessero essere "solo" 15 milioni e su quelle cifre si erano calcolati i primi interventi. Questa doccia fredda da parte dell'Istituto nazionale di statistica basta, da sola, per smantellare i presupposti della riforma Dini. Inutile, dunque, farsi illusioni: il punto di arrivo è quello di una previdenza pubblica che potrà garantire al massimo il 35 per cento dei redditi che un professionista in buona posizione percepiva durante gli ultimi anni della sua vita lavorativa. Un terzo, niente di più. Questo porta subito ad una inversione di rotta nelle scelte previdenziali del singolo cittadino. Quello che veniva ritenuto un supporto integrativo deve, al contrario, trasformarsi nella fonte principale. Dovrà infatti assicurare il 60-65 per cento del reddito percepito prima del retirement, se si vuole mantenere inalterato il precedente standard di vita. Per certi versi, a quel punto, sarà la pensione pubblica a diventare una mera integrazione. Queste considerazioni dimostrano anche quanto sia importante il ruolo del singolo risparmiatore per la buona riuscita di questa che è più di una semplice riforma, Deve essere una vera e propria rivoluzione del proprio approccio al risparmio. Quella dello stato è una riforma (giustamente) pro domo sua. Serve per non far saltare i conti fra qualche anno. Era necessaria, anche tardiva, ma per gli italiani il risultato è stato (e a maggio ragione lo sarà in futuro) il taglio della pensione. Dove sono il carattere positivo e il miglioramento che dovrebbero essere insiti in ogni riforma? Ecco perché, per parlare di vera riforma, si dovrà concretizzare la svolta che eleva la pensione privata al ruolo di previdenza di base. Solo a quel punto per tutti i risparmiatori ci sarà un miglioramento delle condizioni e delle prospettive. Solo a quel punto ci sarà quel carattere positivo che non può mancare in una vera riforma. Infine c'è un altro limite tipico della pensione pubblica, il fatto di essere legata solo alla crescita dell'economia nazionale, un fattore che la rende vulnerabile proprio nell'ottica di una necessaria diversificazione. Invece le pensioni private che si affidano ai prodotti finanziari più evoluti, possono essere legate al tasso di sviluppo dell'intera economia mondiale che, sul lungo periodo, avrà un tasso di crescita più elevato.