FRA AZIENDA E SINDACATI
Ma dulla serrata si è scatenata la consueta guerra delle cifre. Secondo i sindacati, l'adesione allo sciopero dei 160 mila lavoratori del gruppo a sostegno della vertenza contrattuale è stata eccezionale, superiore all'80%, con punte anche del 95%. Per l'azienda, invece, non solo ad incrociare le braccia è stato solo poco più del 50% del personale, ma ben 4 mila uffici, su un totale di 14 mila, sono rimasti aperti. Pertanto, sostengono le Poste, è stato possibile garantire prestazioni superiori a quelle previste per i servizi essenziali (obbligatorie in caso di sciopero sono l'accettazione delle raccomandazioni e delle assicurate e l'accettazione e trasmissione di telegrammi e telefax). Ad aumentare i disag è stata la scedenza del termine per il pagamento del condono, con il risultato di code nei concessionari della riscossione e in banca. Nelle grandi città sono stati garantiti solo i servizi minimi, mentre il pagamento delle pensioni in molti casi era stato anticipato a giovedì. Lo sciopero è stato indetto dalle sigle sindacali del settore: oltre alle organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil, anche le federazioni della Cisal, della Confsal e dell'Ugl. Tutte e sei chiedono il rinnovo del contratto e lamentano la mancanza di un piano d'impresa approvato dal governo «per dare all'azienda una strategia credibile». In occasione dello sciopero, si sono svolte manifestazioni in tutti capoluoghi di regione.