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Industria, la produzione batte la fiacca

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In discesa il settore automobilistico. Angeletti (Uil): «In Europa non si fa una politica per la crescita»

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A marzo, secondo l'Istat, l'indice tendenziale grezzo è calato dello 0,7% rispetto al marzo 2002, mentre il dato destagionalizzato segna su febbraio 2003 una flessione dello 0,4%. Nel primo trimestre 2003, complessivamente, la produzione industriale è calata dell'1%. In realtà, il calo di marzo è ben superiore: lo stesso Istat rileva infatti come l'indice corretto per i giorni lavorativi segni un calo tendenziale dell'1,6% rispetto a marzo 2002. Guardando ai macro settori, a marzo la produzione dei beni di consumo ha subito una flessione nell'ordine dell'1,4%, che è la risultante di un incremento dello 0,6% della produzione dei beni di consumo non durevoli e di un crollo del 9,2% della produzione di beni durevoli. L'indice dei beni strumentali e l'indice dei beni intermedi registrano rispettivamente un calo tendenziale del 3,7% e dello 0,1%. Sale invece del 5,8% l'indice dell'energia. A livello di singoli settori le flessioni più marcate si registrano nell'ambito delle altre industrie manifatturiere (-11,9%), dei mezzi di trasporto (-8,6%), degli apparecchi elettrici e di precisione (-7,7), dei tessili e dell'abbigliamento e delle pelli e calzature (entrambi -3%). A marzo la produzione di autoveicoli è diminuita su base tendenziale del 9,8%. Nel primo trimestre del 2003 la fabbricazione è scesa del 15,4%. Per quanto riguarda il comparto dei mezzi di trasporto, la variazione tendenziale è stata negativa per l'8,6% a marzo e per il 9% nel primo trimestre dell'anno. Per lo stesso settore, su base congiunturale, registrato un aumento dell'1,9% rispetto a febbraio. Il calo della produzione industriale preoccupa soprattutto i sindacati. «In Europa - commenta il segretario della Uil, Angeletti - non si fa una politica per la crescita. Sono preoccupato per i dati sulla produzione industriale, c'è il rischio che l'occupazione non cresca, anzi che aumenti la disoccupazione». Più o meno sulla stessa linea il collega della Cgil, Guglielmo Epifani: «La Cgil aveva parlato di declino industriale. Ora aspetto che chi aveva parlato di catastrofismo ci dica che avevamo ragione. Con la produzione industriale che si riduce c'è il rischio che aumenti la precarietà del lavoro». La butta inevitabilmente sul politico l'ex minsitro Enrico Letta della Margherita. «Il nuovo calo della produzione industriale è un pessimo segnale» osserva il responsabile economico della Margherita. «Già un anno fa il dato scontava l'effetto dell'11 settembre e oggi, a distanza di dodici mesi, il trend non accenna ad invertirsi». La richiesta di Letta è quindi «che il governo se ne occupi, e la smetta di dare risposte evasive», perché «l'economia non accenna a riprendersi» e «non solo non c'é stato nessun miracolo, ma anche la normalità sta progressivamente deteriorandosi».

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