Art.18, Cgil divisa Scontro sul «sì»

Quattro gli ordini del giorno alternativi. Due (il primo firmato da cinque segretari confederali: Achille Passoni, Marigia Maolucci, Carlo Ghezzi, Morena Piccinini e Giuseppe Casadio e il secondo redatto dai cosiddetti "riformisti" Agostino Megale, Aldo Amoretti e Antonio Panzeri) chiedono, in maniera e con motivazioni diverse, che la Cgil non si pronunci e non si schieri. Non libertà di voto dunque, «quella - dicono - è garantita dalla Costituzione», ma nessun impegno, né pronunciamento da parte del sindacato di Corso D'Italia. Ferruccio Danini (area Rifondazione comunista), punta invece a impegnare la Cgil per il sì, mentre nell'ultimo, presentato dal segretario confederale Mariggia Maulucci si invita alla "non partecipazione al voto perché il referendum è un errore politico". Non è comunque detto, anche se è molto probabile, che sia rrivi alla spacactura. La discussione, animata, è andata avanti nella notte e c'è chi cerca il modo per arrivare a una mediazione che eviti una spaccatura che tutti, a parole, vorrebbero non ci fosse. Epifani, dopo aver confermato un "giudizio critico sulla scelta di indire questo referendum", dopo aver constatato che "il quesito posto si rivela da un lato limitativo della più generale strategia dei diritti della Cgil" e "dall'altro parzialmente idoneo a rappresentare una reale difesa al diritto di non essere licenziati", conclude scegliendo il "sì". Rispetto delle opinioni diverse, affetto e stima per Sergio Cofferati ("non disperdiamo quello che abbiamo fatto in questi anni con la sua segreteria"), ma Epifani è convinto e lo dice, della sua scelta che, è bene ricordarlo, è quella assolutamente maggioritaria delle categorie cigielline. Oggi anche la segreteria Uil prenderà una posizione: proporrò l'astensione, anticipa Angeletti. Poi, la prossima settimana Cisl e Uil decideranno. Intanto la segreteria diessina sembra intenzionata a far mancare il quorum.