Bce, bisogna fare di più sul deficit
Le riforme previdenziali e fiscale sono inadeguate a far fronte all'aumento dei deficit e anche i provvedimenti per il mercato del lavoro sono insufficienti. L'Istituto fa sapere che valuterà l'opportunità di ribassare ancora i tassi d'interesse ma fa anche capire che per ridare slancio all'economia i Paesi non possono contare soprattutto sugli interventi di natura monetaria ma devono affrontare di petto il problema della spesa pubblica per ridurre l'indebitamento. Non manca però una nota di ottimismo. La Bce ritiene che la ripresa si manifesterà a fine anno. Ma su questo punto l'economista Tommaso Padoa Schioppa è cauto. L'effetto Sars rischia di avere conseguenze «peggiori della guerra in Iraq». Il vicepresidente dell'Istituto centrale di Francoforte, Luca Papademos, parlando a Bruxelles al parlamento europeo, ha sottolineato di attendersi una crescita moderata nella prima parte del 2003, seguita da una graduale accelerazione nella seconda parte dell'anno che sarà accompagnata da una diminuzione delle incertezze economiche. L'inflazione, nel contempo, dovrebbe scendere progressivamente sotto il 2% grazie anche alla riduzione dei prezzi dei prodotti energetici, all' apprezzamento dell'euro e a una crescita economica pigra. Il presidente della Bce, Wim Duisenberg è entrato invece nel merito dei conti. Nella prefazione al Rapporto annuale 2002 della banca centrale Duisenberg ha definito il loro andamento «generalmente deludente nel 2002», visto che «gran parte dei Paesi non ha rispettato gli obiettivi di bilancio contenuti nei rispettivi programmi di stabilità». Nel mirino del presidente della Bce Francia, Germania, Italia e Grecia. Nel 2003 i disavanzi di Germania, Francia e Portogallo dovrebbero diminuire, pur restando vicini al 3% del pil mentre «Grecia, Francia e Italia non riusciranno a soddisfare i requisiti minimi di risanamento». Il riferimento all'Italia si basa sui dati contenuti nella trimestrale di cassa che hanno corretto la riduzione del deficit strutturale di un decimo di punto (dallo 0,5 allo 0,4%) rispetto a quanto fissato nel programma di stabilità; a fronte, però, di una riduzione della crescita, nello stesso periodo, di 1,2 punti percentuali (da 2,3% a 1,1%). Ieri un monito a fare di più è venuto anche dal direttore generale del Fondo Monetario Internazionale Horst Koehler. Nonostante le fine delle operazioni militari in Iraq, sostiene, le incertezze sulle prospettive dell' economia mondiale sono «numerose» e occorre a questo punto superarle «se si vuole ristabilire un livello di crescita elevato». In particolare gli Stati Uniti devono affrontare il problema del deficit elevato. Il direttore generale del Fmi ha spiegato che proprio gli Usa rappresentano allo stato attuale una minaccia per la prevista crescita del 3,25% dell' economia mondiale quest' anno, a meno che - ha detto - non venga ridimensionato il deficit previsto. «Gli Stati Uniti - ha rilevato infatti Koehler - hanno bisogno di predisporre un piano d'intervento fiscale».