Mediobanca, Galateri al timone

Alle 20.50 di ieri sera la notizia: Vincenzo Maranghi, l'amministratore delegato, il delfino e successore di Enrico Cuccia lascia Mediobanca, si dimette. Con lui anche il presidente dell'Istuto Francesco Cingano. Il nuovo accordo messo a punto dalla cerchia ristretta del patto di sindacato è passato. Al posto di Maranghi, come previsto, arriva nel duplice ruolo di Presidente e amministrato, Gabriele Galateri di Genola, umo Fiat tutto di un pezzo e finanziere di fiducia degli Agnelli. Insieme a Galateri la guida operativa di Mediobanca sarà garantita dai due direttori generali Alberto Nagel e Francesco Pagliaro, dirigenti interni dell'Istituto. Tutto, più o meno, come nelle previsioni anche se convincere Maranghi a lasciare il comando del salotto buono della finanza italiana non è stato certo facile, al di là delle dichiarazioni finali. La riunione del patto è iniziata con un pò di ritardo rispetto alla convocazione delle 13, ospiti di Unicredit in piazza Cordusio. E' stato un pomeriggio serrato d'interventi, riunioni, faccia a faccia stringenti. L'ultimo, durato oltre tre ore, tra alcuni rappresentanti del patto e, appunto, Maranghi che non siera presentato all'assemblea dimissionario, lottando, com'è nel suo stile, fino all'ultimo. poi l'annuncio di Vincet Bolloré il finanziere francese, uno dei protagonisti della svolta e uomo chiave (tra l'altro entra in consiglio di amministrazione) del nuovo assetto di Piazzetta Cuccia che vede ritornare la serenità tra i soci bancari (Unicrdeit e Capitalia in testa) che da tempo avevano aperto le ostilità dei confronti della gestione Maranghi. «Abbiamo trovato un accordo unanime - ha detto Bollorè, riferendosi all'assemblea del patto di sindacato - il dottor Maranghi ha trovato che l'accordo e' molto positivo; come aveva detto, non era questione di persone ma di affari». «Ci sara' una modifica dello statuto - afferma Bollore' - per permettere di avere 2 direttori generali. Tutto questo verra' fatto la settimana prossima. Maranghi lascerà dunque la settimana prossima nella continuita' e dopo aver fatto crescere i suoi delfini e dopo aver passato 40 anni nella maison. Lunga vita a Mediobanca». E' durata quasi 3 anni l'avventura di Maranghi al timone di Mediobanca: tanti ne sono passati dalla morte di Enrico Cuccia, il 23 giugno del 2000, che ha di fatto consegnato il bastone del comando nelle mani del suo eterno delfino. Poco meno di 3 anni che sono pero' stati sufficienti perche' i soci di Mediobanca, sempre sull'attenti davanti a Cuccia, decidessero un cambiamento di rotta radicale, prendendo in mano il controllo effettivo dell'istituto, complici anche gli errori e i personalismi di Maranghi. In Mediobanca Maranghi ha trascorso una vita, oltre 40 anni. Nato nel 1937 a Firenze, laureato in Economia, e' infatti giunto alla corte di Cuccia nel 1962, presentato da Emanuele Dubini, manager Pirelli. Il sipario cala anche sulla presidenza di Francesco Cingano,negli ultimi mesi ormai defilatosi dalla scena a causa di una malattia. E' proprio lo stile dirigenziale, spesso irrascibile e arrogante, poco propenso ad ascoltare la voce dei propri soci, ma senza avere il carisma di Cuccia, a causare a Maranghi i primi guai in seno a Mediobanca dopo la morte banchiere siciliano. Per tenerlo a freno, gli azionisti impongono per la prima volta l'adozione di moderni criteri di governance, ma Maranghi tira diritto per la propria strada. Maranghi non coglie pero' l'avvertimento e nei 2 anni successivi alla scomparsa di Cuccia mette mano alle Generali,imponendo una girandola di cambiamenti: nel 2001 silura il presidente Alfonso Desiata e impone al vertice Gianfranco Gutty, provocando addirittura uno strappo con Bankitalia che in assemblea per la prima volta si astiene; l'anno successivo ad aprile toglie a Gutty le deleghe di amministratore, e a settembre lo induce anche a dimettersi dalla presidenza, dove torna Antoine Bernheim. Gli ultimi infortuni sono poi il pronunciamento dell'antitrust, che accusa Med