Pensioni, Maroni stretto tra due fuochi
Il ministro cerca l'uovo di Colombo perché o accontenta i sindacati oppure Confindustria
Il difficile compito della mediazione è ormai alle battute finali: entro 15 giorni il ministro dovrà scoprire le proprie carte. Ed appare chiaro che la scelta del ministro di temporeggiare ancora nasce dall'esigenza di trovare l'uovo di colombo che da un lato salvi la riforma, importante biglietto da visita nell'Unione europea; e dall'altro riceva il via libera di Confindustria e, al contempo, freni i sindacati dalla tentazione di scendere di nuovo in piazza. Per il momento, comunque, la riforma previdenziale approvata dalla Camera il 27 febbraio scorso è riuscita a scontentare tutte le parti sociali ed ora il «secondo tempo» al Senato costringerà il ministro a fare una scelta più netta. La strada comunque è stretta: da un lato, infatti, le confederazioni premono sul ministro per cancellare dalla delega la «pericolosa» decontribuzione in cambio, per esempio, della fiscalizzazione degli assegni familiari (misura a totale carico delle aziende), dall'altro Confindustria continua a sottolineare la propria delusione per una decontribuzione troppo blanda e tutto sommato scritta solo sulla carta, visto che il testo licenziato da Montecitorio ha eliminato il tetto minimo del taglio contributivo aprendo, di fatto, la strada ad una «sforbiciata» dello 0,1%. Senza contare che l'ultima parola sull'entità del taglio è comunque rinviata ad ogni Finanziaria, anno per anno. Difficile per Maroni, quindi, smorzare i toni della polemica e addirittura impensabile farlo, dichiarando, come ha fatto il 27 febbraio scorso, che l'ultima parola sulla decontribuzione spetterà solo a lui: in altri termini nei decreti attuativi potrebbe essere ripristinato il taglio contributivo del 3%. Se l'intento era quello di rassicurare Viale dell'Astronomia non è andato in porto. Non più tardi di tre giorni fa, infatti, il direttore generale degli industriali, Stefano Parisi, ha detto chiaramente che il testo della delega è «uscito peggiorato dalla Camera». «Con la nostra proposta di tre punti in meno di contribuzione e il Tfr nella previdenza privata - ha sottolienato - la copertura pensionistica arriva fino al 95%: maggiore di quella che si ottiene con la riforma Amato o Dini». Intanto, la Cisl, a nome anche di Cgil e Uil, ha chiesto al governo una convocazione sulle pensioni «per avviare il confronto e discutere delle proposte unitarie».